IL DECLINO DEI “PARTITI POLITICI”

Ma la idealità laica e mazziniana di giustizia e libertà è ancora da realizzare

– di Iperide Ippoliti

Anche le elezioni in Francia – il cui esito definitivo (2° turno) non è dato conoscere al momento in cui scrivo – confermano la tendenza, oramai molto estesa, al progressivo declino dei partiti storici e delle forze politiche tradizionali (nel caso d’oltralpe socialisti e gollisti).

Non ritengo vi sia da meravigliarsi se,  in epoca di “invasione comunicativa” e soprattutto di forti condizionamenti indotti dalla globalizzazione, mutano  i rapporti tra cittadini e politica e vengono investiti in profondità i sistemi di rappresentanza. I segni evidenti di ciò non riguardano solo l’ Europa ma, a ben riflettere, anche gli USA del nuovo presidente Donald Trump, mentre apparentemente più “stabile” rimane la configurazione del sistema politico tedesco. In questo caso  acuti osservatori vengono giustamente a ricordarci non solo le performances economiche della Germania ma anche che “negli ultimi 70 anni quest’ultima è stata governata…solo da 9 Cancellieri (Adenauer, Erhard, Kiesinger, Brandt, Sheel, Schimdt, Kohol, Schoeder e Merkel) con 9 Governi” mentre, nello stesso periodo,  l’ Italia ha avuto 28 Presidenti del Consiglio e ben 41 Governi!

Occorre precisare che la comparsa di nuovi soggetti politici è più che un dato di fatto ma anche che essa non costituisce a priori un motivo di cui dolersi, soprattutto se funzionale ad un’autentica  e credibile azione riformatrice ed una garanzia di maggiore giustizia sociale.

Ciò che deve far riflettere è, piuttosto, l’enfasi con la quale i mutamenti vengono rappresentati ed utilizzati  per lo più al sostegno  mediatico di quanti si presentano ai cittadini elettori come “rottamatori” e/o “rifondatori”; sempre, però, nella disinvolta dimenticanza degli esiti il più delle volte deludenti di queste esperienze.

Va detto anche che per il nostro Paese la fenomenologia è tutt’altro che nuova. Da almeno un quarto di secolo (1992), fatta esclusione per l’ingresso nell’ Euro, le macerie politiche conseguenti a “Mani Pulite” e il fallimento sostanziale del “maggioritarismo” e della “alternanza bipolare” ci hanno però  riservato esiti per lo più dannosi: aumento del trasformismo, ulteriore polverizzazione delle sigle e della rappresentanza, accelerazione della instabilità, uso distorto dei sistemi elettorali, tendenza alla concentrazione dei poteri, invadenza della corruzione, tentativi ripetuti (e per fortuna sin qui falliti…) di intaccare  i fondamenti costituzionali della Repubblica, maggiore disuguaglianza, disoccupazione, iniquità sociale,  arretramento senza precedenti dell’ apparato produttivo industriale e dei servizi.

Se occorre, in definitiva, riconoscere che le vecchie forze politiche – e soprattutto quelli che un tempo noi “laici minori” definivamo “grandi partiti di massa” – avevano fallito la missione storica di una compiuta modernizzazione dell’ Italia  va nel contempo sottolineato come non siano stati sufficienti leaders salvifici  ed ancor meno la personalizzazione della politica,  i cambiamenti “epidermici” di nome e di sigla o l’apertura spesso indiscriminata ai localismi per creare valide alternative di ricambio e per sancire l’affermazione di una nuova classe dirigente politica nell’ Italia degli anni 2000.

Non a caso da più anni l’allontanamento dalla partecipazione al voto – non solo in Italia –  di una fetta consistente dei cittadini, come pure lo sviluppo crescente dei cosiddetti “populismi”, si configurano come conseguenze inevitabili ma insieme come motivi oggi preoccupanti di ulteriore degenerazione.

Di fronte a tutto ciò mi pongo alcuni interrogativi.

Il primo: quando, come ad esempio nel caso della Francia,  la debolezza della dx e della sn politiche riducono il sistema al confronto decisivo e finale tra una componente  antieuropeista ( il “Front Nationale” di Marine Le Pen), da un lato, ed un europeismo liberista ( “En Marche” di Emmanuel Macron)  sostenuto dai poteri finanziari, dall’ altro, si può parlare di vero rinnovamento?

Il secondo: cancellate con le vecchie ideologie anche memoria storica e fondamenti ideali e valoriali a quale “background” culturale si ispirano le nuove classi dirigenti ed i loro programmi?

Infine il terzo: quali sono  le forze politiche storiche realmente perdenti e degne di essere destinate all’ oblio?

Sui primi due quesiti sembra pertinente riferirsi ad una precisa connotazione: quella di una palese strumentalità degli annunci degli “innovatori” ma anche di un’oramai sperimentata (dai cittadini) distanza tra i “propositi”  e “proclami” e la prassi politica concreta. Tali contraddizioni caratterizzano in chiave di sempre più marcati tatticismo e demagogia in particolare quanti  tra i cosiddetti “nuovisti” e “populisti” si presentano all’elettorato in funzione anti-sistema – facendo leva sulla condizione di sofferenza di vaste fasce della popolazione – per poi “accomodarsi”, una volta al “governo”, alle condizioni, alle regole ed ai  poteri forti del sistema stesso o, piuttosto, dimostrare scarsa capacità di guida di società complesse.

Tornando all’ attualità, fa acutamente rilevare Giovanni Palladino, Presidente dei “Popolari Liberi e Forti”, (Newsletter n. 20 di “Servire l’ Italia” del 25 aprile u.s.) che non solo “Marine Le Pen…data per netta perdente nel ballottaggio del 7 maggio si è subito dimessa dal ruolo di leader del Front Nationale per assumere quello di leader del popolo di destra e di sinistra in chiave anti-sistema, contro il mondo dei ricchi e degli speculatori” ma anche che “è questa la stessa tattica vincente utilizzata da Trump nel corso della campagna elettorale USA, per aprire le porte – una volta eletto – a quel mondo, perché gran parte dei suoi ministri provengono da Wall Street e dal club dei miliardari”.

Egli continua affermando che “..non sorprende che dal giorno della vittoria di Trump le azioni della Goldman Sachs siano aumentate del 47% e che il Dow Jones sia cresciuto del 20% “ nonostante che Trump stesso in campagna elettorale avesse affermato che “La Goldman Sachs è una struttura di potere a livello mondiale responsabile di decisioni economiche che hanno derubato i nostri lavoratori, hanno impoverito gli Stati Uniti ed hanno posto una enorme ricchezza nelle tasche di pochi. Io cambierò tutto questo.”.

E’ lo stesso esponente del popolarismo di stampo sturziano a sottolineare ancora che “…anche Macron proviene da quel mondo (finanziario ndr). In pochi anni di permanenza ai vertici della Banca Rothschild a Parigi è diventato un milionario. Oggi è difficile diventarlo in breve tempo con operazioni di sostegno positivo all’economia reale…

Non mi pare necessario, in proposito,  aggiungere altre parole a questa lucida analisi,  sarà il futuro a confermarne, o meno, la sua validità. Intendo, piuttosto, soffermarmi sul terzo interrogativo.

A dover essere cancellate definitivamente dal presente e futuro politico del mondo moderno sono, in primo luogo,  quelle ideologie la cui affermazione ha riservato devastanti esperienze all’ umanità ed in particolare al nostro “vecchio continente”: fascismo, nazismo, comunismo, tutti i “determinismi” e gli “autoritarismi” che hanno soffocato nella guerra, nelle persecuzioni, nell’ assolutismo dinastico, nel nazionalismo, nell’ imperialismo, nel fondamentalismo, nel burocraticismo, nell’ arricchimento personale, ogni parvenza di libertà, di democrazia, di giustizia, di indipendenza per tante nazioni e tanti  popoli, condannando a difficoltà crescenti le aree meno difese della società.

Purtroppo la vicenda del mondo fa riapparire quotidianamente queste degenerazioni non solo come pericoli latenti ma anche come prassi dedita all’oppressione di ogni istanza di “indipendenza” delle nazioni e dei più deboli, magari oggi anche sotto il sempre più pericoloso mantello del fanatismo religioso o di una politica predatoria. Ciò mentre patrimoni ideologici che hanno, invece svolto una positiva funzione storica vengono “autoliquidati” dalla incapacità dei moderni epigoni  a trarne azioni riformatrici ed innovatrici, garantendo nel contempo libertà, democrazia e giustizia.

Diverso, invece, ritengo possa e debba essere il destino di quegli ideali  che attraverso la declinazione “laica” dei valori e soprattutto la ricerca di equilibrio e coerenza tra “giustizia” e “libertà”, tra “innovazione-progresso” e “solidarietà-emancipazione”, tra “programmi” e “comportamenti” rimangono, a mio avviso, di una attualità non superata dai tempi.

L’ idea della democrazia repubblicana e mazziniana, è senz’altro tra questi. Essa, ancorché non pienamente realizzata e poco praticata, può costituire  il vero ancoraggio non solo per un’Italia che non voglia sprofondare negli abissi mediterranei  ma per una stessa Europa che sia capace ancora di essere riferimento e guida per la comunità mondiale e ricostruirsi unitariamente e federalmente.

L’ idea laica e repubblicana, rifiuta, però,  per sua natura, leaderismi, impone nella sua “religiosità civile” l’equilibrio difficile tra libertà, diritti e doveri, difende e pratica la supremazia dei valori costituzionali, punta alla qualità, alla moralità, alle competenze ed al ricambio continuo delle classi dirigenti, obbliga all’azione di servizio ed all’interesse generale, non mette in contrapposizione il merito con la solidarietà e con il diritto all’emancipazione sociale dei più deboli.

Ecco perché la “democrazia repubblicana” è tuttora quella più attuale, ma insieme quella più difficile a praticarsi.

Ed allora quando negli scenari del “nuovismo mediatico” gli “astri nascenti”  della politica  sembrano volersi riferire nei loro propositi addirittura agli ideali di un “repubblicanesimo antico ma sempre nuovo” facciamo attenzione a non illuderci e a non illudere: il più delle volte essi falliranno nella prassi e nei comportamenti, perché lontani ed avulsi dalle nostre  radici e dalla nostra memoria.

Il dramma, amici, non è dunque la scomparsa dei “partiti storici”: il dramma vero è l’incapacità e la non volontà delle nuove classi dirigenti a mettere in pratica con coerenza, rigore e sacrificio personale gli insegnamenti più autentici della cultura laica e democratica e della sua memoria storica e, soprattutto, l’esempio  di quanti – “piccoli” e “grandi” –  hanno dedicato la loro opera ed anche offerto la propria vita per l’edificazione e la salvezza della Patria,  della Repubblica e della stessa Europa.