LA REPUBBLICA ROMANA

Una storia di straordinaria e struggente bellezza – di Domenico Proietti

9 febbraio – 4 luglio 1849.
In questi cinque mesi è racchiusa una storia di straordinaria e struggente bellezza politica, culturale e umana: è la storia della Repubblica Romana.
Una storia di straordinaria e struggente bellezza, perché concentra in pochi mesi un’esperienza di idee e di passioni proiettate nel futuro.
È la storia dell’impegno, del sacrificio e del martirio di uomini e donne che si battono per un ideale.
La Repubblica Romana è stata infatti un laboratorio di idee nuove, che hanno trovato realizzazione nei decenni successivi, e, in molti casi, sono ancora di stringente attualità.
Uno degli aspetti più rilevanti è la Carta costituzionale della Repubblica Romana, emanata il 3 luglio 1849 dall’Assemblea costituente, dalla loggia del Campidoglio, quando oramai i Francesi avevano sfondato abbattendo la resistenza eroica della Repubblica sulle mura del Gianicolo.
Quella carta contiene “i principi fondamentali”, che sono poi i principali diritti civili che hanno ispirato le Costituzioni dei paesi liberi e democratici.
Molti elementi di modernità sono contenuti nella Carta Costituzionale della Repubblica Romana.
E proprio un esame di questi principi è utile per orientarci nel dibattito culturale e politico di oggi. Principi che la cultura politica repubblicana ha incarnato per tanti decenni, e che sono essenziali anche per il futuro.
In particolare, tre sono gli aspetti della Costituzione sui quali soffermare la nostra attenzione.

Il rapporto tra Stato e Chiesa
Il primo è il modo esemplare con il quale viene definito il rapporto tra lo Stato e la Chiesa cattolica.
L’articolo 8 della Costituzione afferma che «il Capo della Chiesa Cattolica avrà dalla Repubblica tutte le guarentigie necessarie per l’esercizio indipendente del potere spirituale».
E nell’articolo 7 di quella stessa Carta costituzionale è scritto: «Dalla credenza religiosa non dipende l’esercizio dei diritti civili e politici», introducendo così in Italia il principio della tolleranza e della separazione tra potere religioso e potere civile.
Si deve registrare che ancora oggi, su questo tema, tra le forze politiche, sembra prevalere un atteggiamento di eccessiva prudenza.
La politica, in molte occasioni, è rimasta ferma, schiacciata tra coloro che hanno assecondato tout court le volontà vaticane e coloro che sono apparsi intimiditi per non voler urtare la sensibilità del mondo cattolico.
Il compito della politica è quello di tutelare la democrazia e di difendere la laicità dello Stato anche dalle ingerenze ecclesiastiche. Ciò non costituisce un attacco alla libertà religiosa, ma una solida difesa del vivere democratico, di una condizione di libertà, che è presupposto essenziale della stessa libertà religiosa.
La tematica che concerne il dialogo tra Stato e Chiesa è ancora attuale, ed è bene che il legame fra le due istituzioni tenga ferme le rispettive autonomie e responsabilità.
Negli ultimi anni, il rapporto fra Stato e Chiesa cattolica è mutato. L’elezione di Papa Francesco ha aperto le porte ad un nuovo momento sociale e politico, ma soprattutto ad una fase innovativa della Chiesa.
Tutto ciò ha avuto notevoli ripercussioni positive a livello politico. Un esempio è stato l’atteggiamento e le valutazioni espresse dalle autorità vaticane durante e dopo l’approvazione della legge sul testamento biologico.

La forma dello Stato
Il secondo aspetto della Costituzione della Repubblica Romana che vorrei affrontare è legato alla forma di organizzazione dello Stato.
Nel testo costituzionale della Repubblica Romana vi è infatti una chiara opzione federalista. Viene sfatata una vecchia querelle sulla presunta avversione di Mazzini verso il federalismo.
All’articolo 5 si afferma che: «I municipi hanno uguali diritti: la loro indipendenza non è limitata che dalle leggi di utilità generale dello Stato».
Ancor più significativo tuttavia è l’articolo in cui si aggiunge: «La più equa distribuzione possibile degli interessi locali, in armonia con l’interesse politico dello Stato, è la norma del riparto territoriale della Repubblica».
Si propone l’adozione di scelte armoniche volte a tener conto di realtà storico-politiche diverse, che hanno bisogno di essere attuate con sagacia ed equilibrio.
Al Municipio stesso si conferisce poi, nello stesso articolo, il diritto primario di deliberare in modo «assoluto e plenario sopra tutti gli oggetti relativi ai bisogni fisici e morali della municipale popolazione del suo territorio», riconoscendo quindi alle autonomie comunali una funzione primaria e imprescindibile.
Un sistema di autonomie diffuso e solidale, che è l’esatto opposto dello pseudo-federalismo parolaio e secessionista, che spesso anima il dibattito attuale in Italia.

La Repubblica come vera Patria
Il terzo aspetto è quello relativo alla definizione dei fondamenti sui quali nasce la Repubblica: la sovranità del popolo e le regole di uguaglianza, libertà e fraternità.
Questi principi concorrono a connotare una nuova idea di Patria. Quanti combatterono per la Repubblica Romana si batterono per un patriottismo repubblicano.
Il carattere distintivo di questa nuova concezione è l’idea di Patria, che vuol dire una repubblica in cui tutti i cittadini vivono liberi ed uguali sotto il governo della legge.
Quindi l’amore per la Patria significa amore della libertà comune, della Costituzione e delle leggi che la difendono.
E soprattutto che solo nel bene pubblico, di tutto il corpo sociale, si attua appieno il bene individuale.
Un punto importante su cui riflettere è che in questi ultimi due decenni è stata riscoperta nella maniera giusta l’idea di patria.
Come hanno sottolineato gli storici, noi abbiamo vissuto, principalmente per colpa del fascismo, una fase di occultamento di questa idea di patria perché l’ideologia fascista ed anche il comportamento fascista avevano snaturato quello che Mazzini aveva posto in maniera molto precisa, cioè la patria, la nazione, non il nazionalismo.
L’idea di patria era legata all’idea di umanità e di solidarietà. Molti patrioti italiani si battevano per la patria italiana, ma si battevano anche per altre patrie, ad esempio per la Polonia, a dimostrazione quindi che la patria non era uno steccato con il quale poi offendere altre patrie, altre nazioni.
Questo fu occultato dal fascismo che, pur dichiarandosi come il prosecutore dell’idea di patria, ne diede un’interpretazione diametralmente opposta rispetto agli ideali portati così faticosamente avanti nel corso del Risorgimento.
Il concetto di patria fu estremizzato attraverso un’ossessiva esaltazione della grandezza della nazione. Nella prospettiva fascista venivano meno ideali come la libertà e il rispetto dei diritti individuali e le nazioni venivano a confrontarsi nello scenario disumanizzante e sanguinario della politica di potenza.
La nazione per Mazzini era, invece, intesa in senso non colonialista ma come solidarietà tra i singoli nel rispetto delle esigenze di ognuno.
L’Unità d’Italia era al centro del pensiero mazziniano che conciliava un’unità patriottica e territoriale con quella morale. Negli ultimi decenni l’idea di patria, così come concepita all’origine, è stata ripresa da un grande statista che è Carlo Azeglio Ciampi, ma anche da studiosi coraggiosi come Maurizio Viroli. Il quale ha scritto un libro molto bello intitolato Per amore della patria, in cui ha mostrato che l’idea della patria fosse un’idea propria della sinistra democratica come si esprimeva nel pensiero e nell’azione Mazziniana e che dunque non bisognava lasciarla a una certa ideologia di destra.
Questo non perché la patria deve essere tirata dentro il quotidiano della politica, ma perché in fondo, tornando all’origine mazziniana, era un’idea propria della cultura della sinistra democratica tout court e quindi come tale aveva una carica di novità che andava riscoperta.
La Repubblica romana del 1849 ha costituito infatti la vicenda più gloriosa ed epica del Risorgimento; la prima e l’ultima esperienza di governo di Giuseppe Mazzini; l’episodio che ha consacrato Garibaldi alla guida della lotta per l’indipendenza italiana; l’evento che ha dimostrato come il repubblicanesimo poteva rappresentare un regime idoneo per gli italiani; avvio di un itinerario lungo e complicato, per conseguire la democrazia e la moderna libertà politica; insomma, la testimonianza di un’Italia migliore, progressista, popolare, partecipata, costruita sull’iniziativa popolare e sul suffragio universale.
Conclusasi dopo cinque mesi per effetto dell’intervento militare dell’Europa legittimista e controrivoluzionaria, la Repubblica proiettò la sua luce sulla vicenda post-unitaria: una luce intensa e accattivante, corretta ideologicamente ed obliata dall’Italia ufficiale, capace di penetrare come mito e memoria tra i ceti popolari e di contribuire all’alfabetizzazione laica e civile degli italiani.
La Repubblica romana è stata quindi un bellissimo esempio storico di amore e di rispetto per la propria patria.
Fra le numerose battaglie che l’hanno caratterizzata, è bene rammentare quella di Velletri del 19 maggio 1849. In quel periodo, l’esercito repubblicano si volse contro le truppe borboniche che avevano invaso allora il territorio della Repubblica, arrivando sino ai Castelli Romani.
La battaglia di Velletri si tenne tra le truppe della Repubblica Romana guidate da Giuseppe Garibaldi e quelle del Regno delle Due Sicilie di Ferdinando II.
Garibaldi li sconfisse a Palestrina e a Velletri, ricacciandoli oltre il confine e con il 2° reggimento di fanteria, attaccò e riuscì a sconfiggere l’esercito borbonico che intendeva avanzare contro la Repubblica romana, Giuseppe Garibaldi era presente nella città con 15.000 uomini e 4 batterie, comandati dallo stesso Re accompagnato da tutto il suo Stato maggiore.
Questo evento politico e le numerose battaglie ad esso correlato, costituiscono un bellissimo paradigma di forti passioni popolari.
Il fiore della giovinezza italiana versò il proprio sangue per la difesa della Repubblica romana e per la difesa dei propri ideali.
Per tale ragione il lascito del Risorgimento è stato fondamentale, poiché risiede nell’idea che il bene comune è l’orizzonte che dà senso al bene individuale. Le persone credevano in una posizione comune e la consideravano come parte imprescindibile di loro stessi e questo dava loro la forza di sacrificarsi e realizzare questa missione.
Non è un caso che quella pagina fu scritta da ragazzi giovanissimi. Ne ricordo uno su tutti, Goffredo Mameli, morto a 22 anni nella difesa della Repubblica romana. C’era voglia di futuro, di avvenire, di uno Stato all’avanguardia che tutelasse, in via prioritaria, il bene comune per il suo popolo.
Queste considerazioni politiche e sociali, oggi, in una situazione nella quale tornano a prevalere le spinte corporative, la ricerca e la difesa esclusiva degli interessi individuali, appaiono di straordinaria attualità. E ci fanno ricordare il monito che Ugo La Malfa faceva a tutte le forze politiche e sociali di perseguire costantemente l’interesse generale del Paese. Oggi più che mai, c’è bisogno che tutti tornino a coniugare l’interesse legittimo delle persone che rappresentano con gli interessi collettivi del Paese.
Le persone che commemoriamo oggi fecero quelle battaglie, perché credevano importante battersi contro l’oppressione, contro la discriminazione, contro l’arbitrio.
La vera Repubblica è quella che garantisce a tutti non solo i diritti civili e politici ma anche il diritto all’educazione e al lavoro “Una promozione illimitata dell’istruzione pubblica” e fra gli scopi dichiarati dell’azione della Giovine Italia.
L’esperienza della Repubblica Romana contiene importanti indicazioni sul come migliorare le condizioni dei lavoratori e promuovere la loro emancipazione.
Anche in questo caso l’eredità di Mazzini, intesa come messaggio di rinnovamento sociale fedele agli ideali di autogoverno repubblicano, rappresenta ancora un filone vitale e operante nella storia d’Italia. La storia del movimento sindacale italiano, infatti, ha visto costantemente la presenza di un filone mazziniano-democratico-repubblicano che si è battuto per ammodernare il ruolo e la funzione del sindacato, riuscendo a conseguire l’obiettivo di far crescere la cultura della partecipazione a scapito della mera visione antagonista.
Sono tanti i fatti e le scelte dell’azione mazziniana, nei brevi gloriosi mesi della Repubblica Romana, che offrono spunti di attualità sorprendenti.
Su tutti voglio ricordare quel principio di fondo sulla legislatura che guidò l’Assemblea costituente operante in mezzo a difficoltà e traversie di ogni genere, con un bilancio dissestato e un’inflazione galoppante, che Mazzini riassunse nel suo programma di governo ai costituenti, nella formula «poche e certe leggi, ma vigilanza decisa sull’esecuzione». Quale monito migliore per la nostra incredibile mole legislativa attuale, che molto spesso finisce con il non trovare alcuna esecuzione.
Nel patriottismo della Repubblica Romana c’è il cuore di una nuova idea di libertà: l’idea di una comunità civile in cui tutti possano vivere come cittadini e dove a nessuno sia permesso di dominare, l’idea di una comunità civile che vive insieme ad altre comunità civili diverse per storia e cultura, ma uguali nel comune impegno per la libertà.
Credo che questa idea della libertà possa diventare oggi il nuovo obiettivo del fare politica. Un’idea capace di ridare forza, bellezza e passione alla politica.
È un’idea che ha radici profonde, e può diventare cultura, impegno, passione, ed ispirare l’azione delle giovani generazioni. Il nostro impegno è fare della Repubblica Italiana una vera Repubblica dei cittadini, attraverso l’affermazione di questa cultura civile. Contemporaneamente, questo impegno deve essere proiettato in una dimensione più grande: nella dimensione geografica dell’Europa.
La sua costruzione politica è la vera frontiera nella quale esercitare in futuro questo nostro grande patrimonio ideale.
Una politica che miri ad espandere i confini della libertà e a rafforzare la cittadinanza europea deve essere prima di tutto una politica della società civile, ovvero una politica intesa a promuovere in tutti i paesi dell’Unione un ricco e vario tessuto di associazioni politiche, sindacali, culturali, religiose e di solidarietà volte a favorire il più possibile la partecipazione dei cittadini alla vita delle istituzioni. Una rete ampia e diffusa di corpi intermedi che sono preziosi per la società democratica.
Gli individui che vivono isolati non esercitano una cultura della cittadinanza. Bisogna rafforzare la responsabilità civile attraverso la partecipazione al fine di determinare uno spazio politico che sappia coniugare individuo e società e che faccia della repubblica una ricca e pluralistica società civile.
Le istituzioni democratiche soffrono infatti un malessere profondo. La passione e l’impegno sembrano aver abbandonato il campo della politica democratica per seguire le chimere dei demagoghi o i fondamentalismi religiosi.
C’è lo spazio e la necessità per il repubblicanesimo di tornare a proporsi come una nuova visione politica, che ha per fine il ricostruire la passione civile nelle società democratiche dando rinnovato significato alle parole di libertà e di responsabilità.
Ad esempio, oggi si pone con forza l’esigenza di tornare a coniugare in maniera nuova, rispetto alle tematiche che abbiamo di fronte, i diritti e i doveri. I diritti e i doveri sono due facce della stessa medaglia. Per accedere a un diritto bisogna assolvere a un dovere, perché la produzione di quel diritto richiede un costo economico e non solo.
Bisogna ridare un progetto ideale alla politica che non ha niente a che fare con l’ideologia. Il progetto ideale infatti indica degli obiettivi e suscita gli entusiasmi per cercare di conseguirli, mentre l’ideologia afferma una presunta verità e quindi richiede un’adesione fideistica. Una politica intesa come passione, una politica come impegno profuso per il bene di tutti. Al riparo dalle molteplici tentazioni del potere.

Conclusione
Come ho detto all’inizio, e come tutti sappiamo, la vita della Repubblica Romana fu intensa e breve. Alcuni storici hanno usato il termine di esperienza incompiuta.
Questa definizione non è affatto riduttiva. Dobbiamo continuare a celebrare, come stiamo facendo oggi, la Repubblica Romana, proprio come progetto incompiuto. Un progetto incompiuto in quanto profetico.
Infatti, l’idea proiettata alla costruzione laica e democratica del proprio Paese è assolutamente e attuale. La società moderna, ancora oggi, deve difendersi da fattori che minano il concetto di libertà e di democrazia ed essa non è immune da periodi storici e politici complessi.
Il mondo occidentale, prevalentemente negli ultimi decenni, ha vissuto una significativa crisi sociale e politica. Le radici della crisi, dalla quale lentamente incominciamo ad uscire, sono profonde e radicate nella nostra struttura sociale, ma il motivo scatenante può essere ben identificato nella rottura dell’equilibrio all’interno dei singoli stati nazionali tra capitalismo e democrazia realizzato nel Novecento, a seguito dell’affermazione del “capitalismo globale”.
La globalizzazione ha spostato l’area di decisione dalla sfera democratica a quella capitalistica. La sfida che ci si presenta davanti è quella di creare un nuovo equilibrio su scala globale tra capitalismo e democrazia. Per conseguire questo obiettivo bisogna democratizzare tutte le istituzioni internazionali e necessariamente costruire un’Europa politica che sappia meglio governare i processi economici e incidere nella globalizzazione.
Sulla base di tali premesse, è bene prendere spunto dal passato: la Repubblica romana rappresenta un argomento attuale e spendibile per una migliore comprensione del presente e del futuro politico dell’Europa e del mondo, poiché la sua grandezza è stata d’esempio per molti modelli costituzionali. La sua grandezza come passione per il bene comune che travalica tutti i confini, e tende a realizzare un repubblicanesimo che qualifica gli individui come cittadini, e come tali, uguali in tutte le parti del mondo.
Pertanto, dalla Repubblica Romana resta ancora valida la preziosa lezione di lavorare per l’affermazione di un nuovo umanesimo, che superi tutti i confini nazionali, culturali, razziali, religiosi, e punti a costruire una Repubblica umana che realizzi i principi di libertà, uguaglianza e fratellanza.