UN APPUNTAMENTO MANCATO

L’elefante ha partorito un topolino, anche se la cosa tragica è che questo enorme animale ha paura di questo “animaletto”.  – di Giulio Lattanzi

– La stazione della “Leopolda a Firenze ci aveva abituato a segnalare idee e proposte per il futuro, quindi, non posso pensare che il risultato, di questa importante assise, sia stato solo quello del lancio dei cosiddetti “comitati civici”, contornati da comizi comizi elettorali ?!, da pseudo segnali al partito di riferimento, e di nessuna efficacia comunicativa.                                                                      Potrò sbagliare, ma la “la Leopolda” è scivolata via come l’acqua piovana, tanto è vero che mi sono chiesto se è finito un modo di far politica, che sa tifare, non mediare e riconoscere i propri errori: ho notato un clima per niente strategico, ma di attesa!

So bene che le proposte economiche di questo Governo – si basa su un “contratto” tra forze diverse che sperano di accontentare i rispettivi elettorati, e non su un programma che dia risposte ai problemi della “gente” – sono contrarie ad ogni vera crescita e che i loro intenti sono di carattere assistenziale, ma l’arroganza di avere in tasca (esiste già un documento alternativo del Pd sulla manovra economica) la verità o adagiarsi sul rimpianto del passato, si scontra palesemente con ogni confronto politico e la necessità di costruire un progetto per il futuro: ci vorranno anni, anche con un po’ di utopia per far tornare a sognare una sinistra divisa e dispersa e tanti progressisti che attendono il “ritorno” del centrosinistra senza lineetta.                                                                              E’ vero le scelte dei precedenti Governi andavano nella direzione giusta, ma il popolo elettore li ha giudicati poco coraggiosi e non aderenti alla realtà e ci ha fortemente punito (abbiamo perso e continueremmo a perdere) prevalentemente per la mancanza di interventi nel sociale, e, in aggiunta per gli egoismi personali: ci aspettavamo dalla Leopolda un suggerimento per riprendere a discutere e non metabolizzare le sconfitte senza alcun approfondimento, e invece abbiamo ascoltato la recita di un passato che non c’è più.

Oggi più che mai i gruppi parlamentari debbono svolgere il ruolo giornaliero di opposizione, mentre il partito deve coordinarla e occuparsi maggiormente (non l’ha mai fatto per le sconfitte del 4 Dicembre del 1917 e del 4 Marzo 2018) della “missione” per il futuro: si può anche perdere se si ha un progetto che attira e non rincorre nessuno.

L’aggregazione dei riformisti che ha saputo superare il guado dell’800 pare che possa guardare avanti e che il “rimescolamento” tra la ricetta marxista, liberale, cattolica, con la quantità necessaria di laicismo – nonostante le batoste – pare che funzioni: ora che abbiamo superato la pubertà, nella nostra giovinezza dobbiamo prefissarci i traguardi che sapremo, con grande sicurezza, superare da grandi, e rivisitare la – non solo – storia dei riformismi per capire e quella travagliata del recente passato per rafforzarci e ricominciare la scalata.

In questa rivisitazione non è possibile dimenticare il lungo e travagliato rapporto politico che portò Moro, Berlinguer, appoggiati dai laici (in testa Ugo La Malfa), a ipotizzare un’intesa, tra forze popolari, (interrotta dal tragico rapimento di Moro) per il “bene” dei lavoratori e dei cittadini (si diceva allora:…colpire uniti);…, l’Ulivo e come qualcuno intendeva levarselo d’attorno con l’alleanza con Cossiga, le elezioni politiche (l’Ulivo andò unito alla Camera e vinse, i partiti singolarmente si presentarono al Senato e persero) prima della formazione del Pd,…, il nobile tentativo di Veltroni, al Lingotto di Torino, di dare una fisionomia al Pd, da chi riteneva il riformismo patrimonio di una sola parte dei democratici,…: l’unità è un valore, ma non si troverà fintanto che non saranno chiarite le tante cose oscure che hanno frammentato le forze progressiste.

Penso che il Pd dovrebbe approfondire i nodi della sconfitta mettendo al centro del suo dibattito un rinnovato solidarismo internazionale a partire dall’aggregazione Europea – non lavorando per chi s’intende battere –, le migrazioni,….: in particolare sull’Europa non è possibile rimanere nel coro del “cambiare” questa Ue, ma prevedere (dirlo con chiarezza che la nostra – imponendolo agli altri – è una regione dell’Europa) il trasferimento di alcuni poteri nazionali e chiedendo con forza alla Ue di investire sugli effetti negativi della globalizzazione a partire dalle povertà, dall’occupazione, sulla sempre più larga forbice fiscale “tra sfruttati e sfruttatori”,…