AGLI ILLUSIONISTI…

…DELLO ZERO VIRGOLA! SPESA PUBBLICA E PROGRAMMAZIONE: LA LEZIONE DI UGO LA MALFA  di  Iperide Ippoliti

– La comunicazione di massa sta sempre più trasformando  il confronto tra i partiti in un “marketing elettorale permanente” in cui quella che si definisce “sinistra”, in Italia come in Europa, esce per lo più soccombente ma quel che è peggio la politica degli “annunci”, senza effettive e coerenti ricadute, mina la credibilità dei governi.

Il caso dell’ Italia, stretta nella morsa schiacciante della “decrescita, è un esempio evidente, come lo è tutto il dibattito sulla legge di bilancio 2017.

Il confronto in atto vede  i governanti di turno giocare la carta di una sorta di  continuo illusionismo (che evoca la figura del “prestigiatore” in un mirabile dipinto di Hieronymus Bosch). Nel contempo appare sempre più alle corde un pensiero economico della sinistra  incapace di fare propria una seria linea alternativa alla sbornia liberista che l ‘ha colpita, insieme a gran parte della classe dirigente europea, finendo per impoverire vasti strati sociali e negare speranza alle nuove generazioni.

La crisi, si sa,  pesa sempre più drammaticamente sulla pelle dei cittadini ed allora  a  chi è al potere – come a quanti sono all’ opposizione –  non bastano più vuoti slogans o vecchie terapie per frenare la reazione sociale, l’ indignazione ed il cosiddetto “populismo”.

Mentre tutto ciò caratterizza il quotidiano scontro politico nei fatti l’ economia italiana  arranca. I dati mostrano inconfutabilmente che l’ Italia  arretra. La disoccupazione giovanile si avvicina al 40%,  mentre con ritmi annui di crescita dello “zero – virgola” (i più deboli dell’intero continente) si impiegherebbero quasi 15 anni per riportare il Paese ai livelli di reddito del 2007 (vedi tab.1 allegata).

Ci si interroga sulla via d’uscita. Ritengo che possa venire in aiuto a tutti, governi compresi,  un serio ripensamento della lezione di Ugo La Malfa, affatto sbiadita nella nostra memoria e nella nostra coscienza politica e che andrebbe proprio ora approfondita nella sua attualità e nelle sue implicazioni.

Il leader repubblicano affermava già nei lontani anni 60 – 70: “…il primo problema che porteremo all’ attenzione delle forze del centro-sinistra sarà il problema della programmazione economica, nodo centrale della trasformazione strutturale della società italiana…”. Egli dovette ben presto amaramente riconoscere che: “…Sui contenuti della programmazione, sul rapporto tra riforme e rivendicazioni, sul rapporto tra politica dei redditi e superamento degli squilibri, tra consumi ed investimenti, fra spesa pubblica corrente e spesa pubblica per investimenti abbiamo condotto una battaglia che non è  stata quasi mai raccolta dagli altri….partiti”.

Giorgio La Malfa, in un suo recente e significativo saggio, dedicato al pensiero di J. M. Keynes, è ritornato, seppur in maniera indiretta,  su questi temi, concentrando la sua attenzione  sulle vere differenze tra “destra” e “sinistra” in economia. Esse andrebbero  individuate nella diversa concezione del ruolo dell’ intervento pubblico e dei poteri pubblici nel governo dei cicli economici e nella programmazione dello sviluppo di media e lunga scadenza.

“…Ignorare la via dell’ intervento  economico [dello Stato] significa eliminare una distinzione cruciale. La sinistra non può essere liberale se per liberale si intende l’accoglimento di quelle politiche [austerity] che stanno riducendo i paesi del Sud dell’ Europa in una condizione di disperata disoccupazione. Bisogna stabilire il discrimine tra chi vuole mettere le mani nel sistema economico con le leggi o con l’intervento dello stato, con l’azione collettiva, e chi, invece, sceglie politicamente di stare dalla parte dell’ inerzia”.

L’ insegnamento keynesiano riporta, dunque, al centro dell’ attenzione il ruolo cruciale dell’intervento dello stato in economia e con esso la qualità delle politiche di bilancio. La spesa pubblica non può essere usata per interventi di tipo “anticiclico” e per obiettivi di breve termine. Per questi ultimi si dimostra efficace la leva fiscale, ovvero la riduzione drastica delle entrate fiscali, mentre una diversa “programmazione” degli investimenti pubblici e privati potrà avere  ricadute positive sul medio lungo periodo.

Quali conclusioni possiamo trarre? La prima è che l’eredità di un passato che non ha saputo interiorizzare e praticare l’ insegnamento lamalfiano continua a pesare come un macigno sull’ Italia: si sono gonfiati in maniera abnorme la spesa pubblica ed i consumi individuali, deprimendo quelli sociali, costringendo così il sistema alla ipertrofia delle entrate fiscali, bloccando, così, soprattutto gli investimenti “infrastrutturali” ed il rinnovamento dell’ apparato produttivo e dei servizi senza i quali produttività e squilibri territoriali non possono essere recuperati.

La seconda è che quello della spesa pubblica costituisce il nodo vero di una  politica economica alternativa, guidata da una classe dirigente che non guardi all’immediato consenso ma agli interessi generali del Paese. E’ partendo da qui che vanno create le condizioni per ridurre in maniera strutturale e consistente la pressione fiscale, in particolare su imprese e lavoro (a cominciare dal cuneo fiscale). E’  sull’uso rigoroso delle risorse pubbliche che si può fondare una vera politica di programmazione di investimenti pubblici e privati mirati alla innovazione e alla competitività del sistema produttivo e dei servizi (scuola, università, ricerca, innovazione tecnologica nei servizi e nel manifatturiero etc.).

Oggi il Governo si batte, opportunamente, per uscire dalla paralizzante austerity imposta dai trattati europei e chiede, giustamente, maggiore flessibilità. Ottenere flessibilità impone, però, nella idea che noi abbiamo del governo dell’ economia, innanzitutto di attivare una drastica operazione di risanamento dei conti pubblici, di impedire che le nuove agibilità vadano disperse nei mille rivoli di interventi “spot”, utili per il consenso, ma incapaci di dare un minimo sollievo alla domanda interna. Ed anche quel piano “Industria 4.0” del Ministro Calenda che punta ad usare soprattutto la leva fiscale automatica (credito di imposta, super ammortamento ed iper-ammortamento) per le imprese che investono in particolare sulle nuove tecnologie ha bisogno non di una “vaga regia” bensì di una governance rigorosa che monitorizzi gli effetti concreti degli interventi  sulla nuova e qualificata occupazione di giovani, sulla competitività e sull’innovazione del nostro apparato industriale. Altrimenti anche “industria 4.0” si trasformerà in un nuovo salasso per le entrate dello Stato e nell’ennesimo regalo al capitalismo assistito italiano.

In definitiva per fare tutto ciò occorre riattivare e realmente coordinare gli strumenti di una programmazione economica coerente e mettere  coraggiosamente mano ad una vera “spending review”, soprattutto con tagli selettivi e non lineari. Quelle scelte, cioè, coraggiose ed impopolari che  la logica del consenso  induce colpevolmente a mettere da parte.

Carlo Cottarelli e Roberto Perotti, i “sacrificati” della spending-review, in due loro recentissimi saggi ci illustrano con dovizia di dati cosa non è stato fatto e cosa invece una saggia e giusta politica potrebbe, e dovrebbe, fare per eliminare le ingiustizie, gli sprechi, le inefficienze e gli insopportabili privilegi che si annidano nella spesa pubblica del nostro Paese.

Non è forse questa, e soprattutto questa, la lezione economica e morale di Ugo La Malfa?

 

TAB.1

IL  PIL  REALE  ITALIANO  E’  ATTUALMENTE  INFERIORE  DELL’  8% CIRCA  RISPETTO  AI  LIVELLI  2007

 

                                     2007                            2015                     (miliardi)                              %  

 

PIL                              1.783                          1.642                        – 141                                – 7,9

 

CONSUMI                 1.385                          1.313                          – 72                                 – 5,2

 

INVESTIMENTI        386                              273                          – 113                               – 29,3

 

ESPORTAZIONI       478                              494                           + 16                                + 3,3

 

IMPORTAZIONI       475                              442                           – 33                                  – 6,9

 

(Dati   ISTAT a prezzi costanti 2015, miliardi di euro)

 

DISOCCUPATI        1.151                           2.965                       + 1.814                            + 157,6          

(migliaia)

 

                                                            2007                  2011              2015                 %      

 

PERSONE IN POVERTA’            1.789                 2.652            4.598            + 157  

ASSOLUTA

(migliaia)

 

Tratto da:

 prof. Marco Vitale “La necessità di una grande svolta nella politica economica”

Assemblea Generale Confindustria Alto Milanese

Legnano – 20 ottobre 2016