PER LA LIBERTA’ E IL FUTURO

di Giulio Lattanzi

– Non ho voluto aggiungermi al coro di chi rende rituali gli anniversari del nostro recente passato che vivono ancora sulla nostra pelle, perché quelle sofferenze, quella storia, possono essere uno stimolo per i giovani che vogliono ricercare la difficile storia dei loro avi e costruire una speranza per il domani.

La libertà è una conquista giornaliera senza paure e la difesa continua dei valori democratici e di partecipazione: alcune volte i principi di libertà e di rispetto verso la razza umana di qualsiasi colore, di ogni religionne, i diversi, sembrano “carsicamente” scomparire, ma riaffiorano, tornano in superficie, perché l’uomo non vuole sopprimere la sua voglia, il suo impegno, la sua  solidarietà verso tutti per la  partecipazione e la democrazia.

Per riaffermare questi principi, sono stato prima nell’isola di Ventotene, dove i fascisti imprigionarono Altiero Spinelli e Colorni, che nel bel mezzo di guerre e dittature seppero lanciare il Manifesto per l’unità federale Europea, e a S. Anna di Stazzema per il 25 Aprile – liberazione del Paese dal giogo dittatoriale nazista e fascista: data che dovrebbe unire quasi tutti gli italiani, specialmente chi “dirige” le istituzioni Repubblicane – dove i nazisti scortati ed accompagnati da fascisti uccisero 160 persone inermi e senza colpa: uomini, donne, bambini, parroco.

Potrei dire molte cose, aggiugere odio ad odio, ma è inutile e dannoso, perché le persone morte o uccise ci hanno lasciato un grande testimone cioè quello di salvagurdare la pace, contribuire a costruire un’europa sovranazionale dei popoli e non un coordinamento delle nazioni, guardare al futuro senza dimenticare il passato.

I sovranisti che hanno volutamente scambiato nazionalità con nazionalismo non ci impediranno di esaltare la Patria (amare la propria Patria per sapere amare quella degli altri), di alzarci in piedi e metterci la mano sul cuore quando suona l’inno nazionale, tifare le nostre nazionali,….: non siamo nazionalisti, ma amiamo la nostra terra, le nostre tradizioni. Siamo cittadini del mondo, rispettiamo le persone e i principi della nostra Costituzione repubblicana.

In quei luoghi, dal mare all’ Appennino toscano, spirava aria di pace, come se quei morti ci dicessero di costruire un domani senza rancori ed odio.

Anche il 1° Maggio, festa del lavoro e dei lavoratori, è una tappa costante – è dalle fabbriche lo slancio finale per cacciare dall’Italia il fascismo collaboratore del nazismo che occupava il Paese – verso la libertà: le manifestazioni in tutto il mondo hanno chiesto il miglioramento delle condizioni dei lavoratori, in Italia la centralità delle numerose celebrazioni è stato il lavoro, la richiesta dello sviluppo rispetto all’inesistente crescita economica e non solo del Paese, la difesa dell’Europa e della UE.

Si parla tanto della debolezza del Sindacato Confederale, comunque Cgil-Cisl-Uil rappresentano quasi 12 milioni di lavoratori iscritti, anche se solo il 53% è attivo: ora va fatto un balzo in avanti con l’unità vera e non proclamata solo nei comizi ma realmente perseguita e praticata.

I lavoratori non possono negare l’interdipendenza dei mercati, perché la globalizzazione – ha fatto venire a galla i bisogni delle varie aree del mondo – si imbriglia, si regolamenta, con più internalizzazione, contrattazione, unità: Grandi, Di Vittorio, Buozzi, hanno sempre pensato all’unità e ora che non c’è più la condizione della divisione del mondo in due, l’unità non può essere bloccata dalle burocrazie centrali.

E’ indispensabile definire (oltre alle stucchevoli architetture organizzative) un programma per l’unità che parta dai luoghi di lavoro e dai territori su salario, produttività e innovazione tecnologica, occupazione, diminuzione orario (in Germania si lavorano 1400 ore, in Italia mediamente 1800 e i salari sono più alti dei nostri); spingere perché aprano i cantieri e si investa per l’ambiente – ci offrirà nei prossimi ann 3 milioni di posti di lavoro – specialmente nella prevenzione sismica ed idrogeologica; si lotti per un’Europa con più sociale e che miri alla crescita e alla piena occupazione.