IL RADICAMENTO DI UNA RICORRENZA

9 Febbraio 1849

– di Nicola Sbano*

Il 9 di febbraio ricorreva il 168° anniversario della proclamazione della Repubblica Romana; a suo ricordo a piazza del Plebiscito di Ancona vi è stata la cerimonia ufficiale che da moltissimi anni si svolge con la deposizione di corone di allora sulle lapidi dedicate a Mazzini e a Garibaldi, piova o  che ci sia il sole, ci siano pochi intimi od un più nutrito gruppo di cittadini. E’ meno noto che da qualche anno alla cerimonia partecipa anche l’ANPI, offrendo la corona alla memoria di Garibaldi.

E’ stato detto che la cifra della celebrazione (168) costituisce un autentico record, tanto più importante e significativo quando si pensa che, a parte gli anni della notte fascista,  la celebrazione è stata costantemente praticata dai mazziniani e repubblicani a partire dal 1850, anche se non sempre in modo e sede eguale.

La rievocazione della Repubblica che sin dal primo anno aveva avuto il suo svolgimento in luogo pubblico con festeggiamenti popolari, banda, sfilata, canti e balli, mangiate e bevute, per la pessima temperie politica seguita al 1853 per l’insurrezione mazziniana, si era dovuta spostare al chiuso  delle sedi dell’associazionismo sociale allora esistenti, trasferendo in queste la laica allegria del ricordo.

Comunque sia, si festeggiava la Repubblica come momento emancipativo della nazione,  foriero di unità nazionale, di indipendenza, di  libertà  mai godute,  di  partecipazione civile, di repubblica, parola che riassumeva e riassume ogni altro valore civile.

Lo Stato unitario, liberale e monarchico, pur di impronta fortemente laicista, non modificava questa situazione limitandosi a controllare dall’esterno che il sapore radicale  del festeggiamento non travalicasse i  limiti assegnati.

Dopo l’aurora della proclamazione della Repubblica Italiana la rievocazione è ritornata nelle piazze, recuperando il suo carattere vitale originario, collettivo e popolare nella sostanza, anche se senza bandiere, banda e corteo.

Il valore civile della ricorrenza ha avuto poi il suo riconoscimento dalle Camere in occasione del suo Centenario del 9 febbraio del 1949. In aula affiorarono, per la tensione dei tempi e del clima politico, accesi contrasti che venivano chiusi da Ugo La Malfa con poche grandi parole: “E’ con grande rincrescimento che noi repubblicani abbiamo assistito allo svilupparsi di una polemica su un grande fatto che è all’origine stessa della nostra formazione nazionale. Credo però che questo stato d’animo polemico sia del tutto superficiale e che al fondo vi sia la coscienza che la Repubblica Romana appartiene a tutti noi. Non so cosa ci riserva l’avvenire, ma so cosa è stato il nostro passato nel creare la Repubblica Italiana …e alzandomi in piedi e pregando i colleghi di alzarsi in piedi, io grido alla grandezza della Repubblica Romana (seduta della Camera del 9 febbraio 1849)”.

Dopo di questa giornata nelle piazze sono comparsi anche i rappresentanti delle istituzioni.

Il radicamento della ricorrenza ha reso ancora più assurda la sciagurata soppressione della festa/anniversario della Repubblica Italiana del 1977 e reso più facile al presidente Ciampi il suo ripristino. Ci è voluto però un uomo come lui, mazziniano nell’intimo, per cancellare la vergogna  di ventiquattro anni prima.

Col tempo il modo di far festa è cambiato. Dalle festa in piazza dell’’800 si è passati ad altri rituali spesso conclusi da un incontro conviviale.

Ad Ancona si è stabilizzato da molti anni il costume di far seguire alla rievocazione del 9 febbraio in piazza, nella stessa giornata o nei giorni successivi della stessa settimana, un incontro pubblico o di contenuto educativo, cioè di approfondimento di una vicenda o di un personaggio del  passato o di tipo politico-pedagogico.

Quest’anno la proposta è stata di carattere educativo e culturale chiamando alla ribalta un amico come Stefano Ragni, mazziniano di Perugia, docente di pianoforte al Conservatorio della sua città e docente di storia della musica all’Università per Stranieri, che ha intrattenuto il folto pubblico convenuto al Ridotto del Teatro delle Muse della città, sulla musica dell’800, cioè su un universo che Mazzini amava molto e che è stato la colonna musicale di gran parte della storia di Italia dell’800 e che è tuttora uno dei vanti della nostra identità  nazionale.

Aggiungiamo una riflessione di chiusura.

Dalla proclamazione della Repubblica Italiana sono passati circa settanta anni e sappiamo che nostra società sta vivendo con sofferenza e smarrimento rivolgimenti epocali; abbiamo di fronte problemi che ci sbigottiscono perché non sappiamo se abbiamo la forza di risolverli.

Il ritrovarci davanti ad una delle pietre fondanti della nostra storia civile, rendendo l’omaggio che sentiamo come nostro dovere, ci ammonisce a rifiutare l’idea del declino inarrestabile della nostra civiltà che ha smesso di credere di avere avanti a se un futuro.

La rievocazione è pertanto anche un momento di speranza che deve impegnare tutte le nostre energie a difesa della nostra identità e della democrazia repubblicana ed europea.

* Presidente Associazione Mazziniana Italiana di Ancona