SENZA EUROPA MENO SOSTEGNO A…

di Iperide Ippoliti

– Scienza,  Ricerca e Innovazione ……

Forse è superfluo per gli addetti, ma non lo può essere per la cittadinanza, ricordare il “contributo” che oggi (ma non da ora) l’ Europa fornisce in termini di indirizzo e soprattutto di sostegno finanziario (Fondi Strutturali) a due settori vitali per il nostro Paese: la Ricerca e l’ Innovazione ed il Mezzogiorno. Ricordato che l’ Italia è “contribuente netta”  dell’ Europa viene da domandarsi se in assenza degli inputs e degli interventi della UE il nostro Paese avrebbe la forza e la determinazione di indirizzare verso questi due obiettivi, da sempre ritenuti essenziali nella politica laica e repubblicana, le stesse risorse.

Purtroppo, le carenze interne del nostro sistema – soprattutto i ritardi e le insufficienze degli apparati burocratici pubblici – fanno sì che la massa ingente di fondi programmati e stanziati non sia pienamente e tempestivamente utilizzata. Un altro aspetto negativo è il fatto che le risorse che muovono dall’ Europa non sempre si “aggiungono” a quelle nazionali (come avviene per partners  più sviluppati) ma in molti casi semplicemente le “sostituiscono”. In altri termini le politiche di sviluppo tecnologico e di riequilibrio territoriale si fanno in Italia pressochè esclusivamente con le risorse europee. Alcuni dati possono essere esemplificativi.

La strategia europea di “Innovation Union” e di “Europa 2020” – per una crescita inclusiva, intelligente e sostenibile – rappresenta la maggiore voce del bilancio comunitario (circa i 65%).  L’ obiettivo di spesa media per Ricerca e Sviluppo è fissato dalla UE al 2020 nel 3% del PIL: l’ Italia è ancora oggi attestata a poco più dell’ 1% nonostante il rilevante apporto che viene dalla Ue attraverso la programmazione dei Fondi Strutturali FESR e FSE, attraverso il PON Ricerca ed Innovazione (1 miliardo e 286 milioni di euro),  il PON Imprese e Competitività (2 mld e 300 milioni di euro) e con il Programma “Horizon 2020”. Quest’ultimo distribuirà per il periodo 2014-2020 qualcosa come 80 miliardi di euro di cui almeno il 10% assorbibile dal nostro sistema scientifico nazionale pubblico e privato. A queste risorse vanno aggiunti i 4,5 miliardi, sempre della programmazione UE, destinati all’ Italia per il recupero del “divario digitale” (Agenda Digitale).

Va ricordato, inoltre, che si celebrano quest’anno i 30 anni del progetto ERASMUS (1987-2017).

Da oltre trenta anni più di 4 milioni di studenti dei paesi europei hanno varcato i propri confini e partecipato ad esperienze di mobilità e di “integrazione” in strutture e con studenti di altri paesi.

Di questi 350 mila sono studenti universitari italiani a cui vanno aggiunti altri 100 mila tra docenti e studenti delle nostre scuole superiori.

Nel 2016 l’ Italia ha accolto circa 20 mila partecipanti al programma (quinto paese di destinazione) e mandato all’estero circa 30 mila partecipanti italiani ai progetti di scambio.

Nel bilancio UE del 2017 sono stati stanziati dall’ Europa per ERASMUS 2 miliardi e 157 milioni complessivi: 300 milioni in più rispetto al 2016.

Mezzogiorno ed aree più svantaggiate……

Nel corso di una recente  iniziativa di CGIL-CISL e UIL e Confindustria sulla gestione a livello regionale del Masterplan per il Mezzogiorno varato un anno fa dal Governo, il Ministro De Vincenti ha avuto modo di illustrare alcune cifre anch’esse illuminanti.  Egli ha sottolineato come le risorse “ordinarie” (nazionali) vengano equamente distribuite tra Sud e Centro – Nord mentre le “straordinarie” (in prevalenza risorse europee) sono per l’80% destinate alle regioni meridionali. In questo quadro le risorse complessivamente rivolte al sostegno degli investimenti nel nuovo ciclo di programmazione (soprattutto in campo ambientale, infrastrutturale, energetico etc.) superano i 120 miliardi di euro dei quali: circa 82 mld complessivi a valere sul bilancio nazionale (Fondo Sviluppo e Coesione e cofinanziamento nazionale) e circa 42 miliardi a valere sul bilancio UE (Fondi  Strutturali). Quest’ultimi, appunto, rivolti per l’ 80% alle regioni meridionali.

Appare,dunque, d’obbligo per la nostra classe dirigente tutta (forze sociali e produttive comprese) smettere con la rituale lamentazione e colpevolizzazione dell’Europa ed operare con maggiore rigore ed impegno  per il migliore utilizzo, soprattutto occupazionale e sociale, di queste insostituibili risorse.