LA REALTA’ NEGATA
di Francesco Pontelli*
Ancora una volta ad agosto i consumi hanno registrato un -0,5% rispetto ad agosto 2016 e -0,2% rispetto a luglio 2017. Immediatamente
accademici di rango hanno giustificato tale dato negativo (il secondo dopo quello di luglio) legandolo alla crescita dell’e-commerce che
toglierebbe volumi alla distribuzione ordinaria, dimenticando in modo incredibile come la riduzione dei consumi nel mese di agosto di
quest’anno risulti notevolmente mitigata dal forte incremento di presenza del turismo straniero che ha scelto la nostra nazione anche a causa
dei pericoli di possibili attentati.Risulterebbe infatti sicuramente più marcato il calo di consumi qualora la presenza dei turisti non fosse stata
così alta, e soprattutto in crescita, andando a mitigare il calo tutto italiano.A questo secondo calo dei consumi si abbina un incremento dei
prezzi, per ora provvisorio, del +1,2%, il che dimostra, ancora una volta, come l’inflazione, se non è generata da una maggiore ricchezza
prodotta (crescita PIL reale) e non da inflazione fiscale, come desiderato dal ministro dell’economia attraverso aumenti dell’IVA, o è legata
all’aumento della base monetaria (Q.E. inaugurato dalla BCE), può essere valutaria, collegata cioè ad un ipotetico ritorno ad una valuta debole
come la lira, e rappresenta e determina in tutti e tre i casi una diminuzione dei consumi perché legata alla minore disponibilità e capacità di
spesa.Francamente si rimane basiti di fronte a queste giustificazioni del mondo accademico che invece dovrebbero partire da un semplicissimo
dato alla portata di tutti e di facile lettura. Risulta infatti evidente come anche il conseguimento dei nuovi posti di lavoro, tanto sbandierato dagli
ultimi governi ed indicato come una manifesta espressione della ripresa economica tanto da arrivare ai livelli di occupazione pre-crisi di 23
milioni, sotto il piano qualitativo risulta assolutamente disomogeneo rispetto al 2007 ed è improponibile qualsiasi suo accostamento. Nel solo
2017 i contratti a tempo indeterminato rappresentano solo poco più del 25% di tutti i contratti stipulati.Logica conseguenza dovrebbe indurre ad
un’analisi logica dell’andamento negativo dei consumi.Evidentemente invece va un’altra volta ricordato a questi abili analisti economici che i
consumi non aumentano tanto in rapporto alla disponibilità economica attuale ma in rapporto alle aspettative di reddito disponibile nel medio
come nel lungo termine. Tale aspettativa ovviamente non risulterà mai positiva se legata ad un contratto a tempo determinato e tanto meno a
chiamata o ad alternanza.Un atteggiamento che trova la sua massima espressione anche nel ricorso al credito al consumo quando le
aspettative risultano particolarmente positive per quanto riguarda la disponibilità di redditi futuri. In questo caso infatti il consumatore si assume
un impegno finanziario importante, sicuro di potervi fare fronte del giro di 3-5 anni grazie alle aspettative positive di reddito.Logica
conseguenza di questo postulato elementare è che i consumi non potranno mai aumentare a fronte di contratti a tempo determinato, ad
alternanza e tanto meno a chiamata. Francamente non si riesce a comprendere se tali analisi giustificative dello stato nell’economia odierna
vengano espresse per incapacità intellettuale o per sudditanza psicologica nei confronti del mondo politico.Nel frattempo si continua a negare
la realtà del nostro Paese.
*Economista