DOV’E’ LA “RIPRESA” DELL’ECONOMIA?

Necessaria una grande operazione di rinnovamento, di verità e di responsabilità della nostra classe dirigente – di Iperide Ippoliti

Nella soffocante estate, ora finalmente alle spalle, si è parlato tanto di “ripresa” dell’ economia italiana. Le tv pubbliche ( pagate dai contribuenti ma sempre più “ossequiose e benevole” con i “governanti” di turno)  hanno continuato,e continuano, a tempestarci ogni mezz’ora di messaggi positivi e rassicuranti.

Grande è stata la tentazione di estraniarci completamente da un tambureggiamento destinato però a durare prevedibilmente fino a “manovra finanziaria 2018” compiuta e più in là fino all’ appuntamento elettorale nazionale, per il quale tuttora il Parlamento non riesce a varare regole serie, condivise, capaci di favorire insieme pluralità di rappresentanza e governabilità.

Ma dov’ è questa tanto declamata “ripresa”? Non la vediamo. Nemmeno la percepiamo e, soprattutto, non riusciamo a convincerci, e a convincere quanti insieme a noi sono lontani dai “palazzi”, che la crisi è oramai lontana e che le misure adottate e quelle annunciate hanno prodotto e produrranno tangibili risultati.

La certezza è che l’ Italia continua ad avvitarsi in una decadenza ed in una “precarietà” che stanno diventando generali e strutturali. Ci allontaniamo sempre più dall’  Europa e dal  novero delle economie più dinamiche.

Sono i dati concreti, più ancora delle estrapolazioni macroeconomiche e le forzature politiche,  a confermare questa nostra perentoria affermazione cui in molti potranno sicuramente ribattere ma che nessuno, in buona fede, potrà giudicare essere dettata da pregiudizio politico.

Già da queste stesse pagine valenti amici hanno riaffermato la necessità per il Paese di una svolta vera, radicale, di una grande operazione di verità.

Occorre spazzar via demagogia, contrapposizioni frontali, false ricette, soluzioni “tampone” per  un’assunzione di responsabilità, una scelta di qualità, uno sforzo di coesione generale del Paese e della sua classe dirigente politica ed imprenditoriale per cambiare rotta e per  garantire in primo luogo un futuro quanto meno di sicurezza, di inclusione e di dignità sociale alle nuove generazioni.

Anche ora è soprattutto l’ autorevolezza politica e culturale di alcuni commentatori dei fatti economici a rafforzarci nelle nostre tesi.

Vediamo, di seguito, alcune di queste loro osservazioni, in primis sui dati :

(Luca Ricolfi – “Il Messaggero” 2 settembre 2017)”:Il tasso di occupazione…in Italia è tuttora inferiore a quello pre-crisi e questo nonostante già nel 2007 – esattamente come oggi – fosse tra i più bassi in Europa e tra i paesi OCSE…Se però guardiamo all’insieme dell’economie avanzate il quadro si capovolge nettamente…La maggior parte di esse non solo ha recuperato i livelli occupazionali ma li ha ampiamente superati…Su 35 stati attualmente aderenti all’ OCSE ben 21 hanno oggi livelli di occupazione più alti che nel 2007…Altri, in particolare Grecia ed Italia, non solo non hanno recuperato i tassi del 2007-2008 ma avevano ed hanno tassi di occupazione bassissimi, tra il 50 ed il 60%…E nel caso dell’ Italia anche un record negativo assoluto…nessun paese OCSE, nemmeno la Grecia, ha un tasso di disoccupazione giovanile basso come il nostro”.

(Enrico Cisnetto  –  “ Il Messaggero” 27 agosto 2017):“La mancanza di lavoro è un problema grave. Ma esso è figlio di una crisi che…non è affatto alle nostre spalle. Anche perché preesisteva al crack mondiale. Ed i 10 trimestri positivi che fanno di questa in atto la più lunga ripresa dal 1995 (quelle del 1999-2001 e del 2005-07 durarono nove trimestri, quella del 2009-2011 si fermò dopo otto) non devono trarre in inganno perché non ci hanno consentito di recuperare il Pil del 2007 (mancano 6,5 punti) al contrario di quasi tutta l’ Europa (peggio ha fatto solo la Grecia) dove la ripresa è stata più lunga e consistente.”.

Ancora più incisive sembrano essere le considerazioni espresse sulle terapie necessarie.

(Lucrezia Reichlin – “Il Corriere della Sera” 3 settembre 2017):L’ Italia dopo 30 anni di crescita potenziale stabile ed allineata con i maggiori partner europeiha iniziato dagli anni Novanta un periodo di lento declino a cui si è aggiunto l’effetto della grande crisi che ha comportato una distruzione di capitale umano e fisico che va ricostruito Occorre capire le cause delle due fasi di rallentamento strutturale….In ambedue i casi si è assistito ad un rallentamento della produttività del lavoro dovuto ad una scarsa accumulazione di capitale, ad un deterioramento della sua qualità in termini di contenuto innovativo e ad una debole dinamica della produttività di tutti i fattori cioè dell’ efficienza generale del sistema….Abbiamo bisogno non solo di investimenti e flessibilità del lavoro ma anche di migliorare la capacità di innovazione, l’efficienza delle istituzioni, la qualità del lavoro e del capitale. C’è bisogno di investimenti in innovazione e soprattutto di un migliore sistema educativo. Produttività e capitale umano sono strettamente legati…Abbiamo bisogno di un processo di qualificazione del nostro sistema educativo che vada dalle scuole primarie fino all’università…C’è bisogno di un’ operazione di grande discontinuità”. 

(Carmelo Barbagallo – Segretario Generale UIL – 29 agosto 2017): Confindustria pensa alla quantità, io invece penso alla qualità dell’intervento: se continuiamo sempre con i bonus temporali possiamo metterci tutti i soldi che vogliamo ma…alla fine dei tre anni che succede? Serve un taglio strutturale del costo del lavoro…così non si risolve il problema…Guardiamo al Sud dove i giovani disoccupati superano abbondantemente i 35 anni…”.

(Ignazio Visco – Governatore della Banca d’ Italia – Meeting CL di Rimini – 24 agosto 2017): “E’ una ripresa congiunturale e non strutturale…C’è ancora molto da fare sulle riforme….Questa crisi ha colpito la nostra economia mentre recuperava terreno…Siamo stati lenti – comprese politica ed istituzioni – ad adeguarci ai cambiamenti, a ripartire nuovamente… I robot spazzeranno via i lavori standardizzati, di routine, ma arriveranno nuove attività. E per questo investire nella conoscenza, nella formazione continua è indispensabile. Così come lo è rafforzare il tasso di innovazione…Lo abbiamo fatto con molto ritardo, le imprese non hanno investito, si sono limitate a ridurre il costo del lavoro…”.

( Romano Prodi – “Il Messaggero” 28 agosto 2017):Capisco la battaglia per poter allungare il limite di età dei giovani che potranno usufruire dei possibili incentivi ma è bene ricordare che tutte le misure tampone hanno effetti limitati sul futuro della nostra economia…Solo una prospettiva di occupazione stabile può dare concretezza al necessario aumento dei consumi. Dato che “stabile” vuol dire “stabile”…bisogna che il lavoro “stabile” costi sensibilmente meno di quello precario. A queste condizioni il mercato del lavoro potrà dare prospettive migliori ai giovani e ai meno giovani”.

Appare, anche da questi significativi esempi, sempre più forte e chiaro il richiamo che al sistema  politico italiano  viene non solo dall’ Europa e da altri importanti punti di osservazione a liberarsi dai vincoli e dai calcoli elettoralistici e ad accompagnare le pur necessarie manovre di bilancio  con misure di carattere strutturale.

L’ invito pressante ai responsabili politici ed imprenditoriali è a far  propria, finalmente, una strategia  di medio-lungo periodo finalizzata al rinnovamento profondo di un tessuto produttivo e di un mercato del lavoro altrimenti destinati alla progressiva marginalità nei sempre più dinamici contesti internazionali.

Sappiamo che il rinnovamento del sistema politico italiano appare, però, ancora lungi dal realizzarsi e purtroppo sono evidenti e molteplici i casi nei quali il ricambio generazionale non garantisce la necessaria qualità.

Resta, però, compito irrinunciabile degli attuali governi, da un lato, liberare la spesa pubblica dal gravame crescente, di costi inutili, diseconomie, sprechi, privilegi inaccettabili ed insostenibili –  individuando così le risorse per alleggerire l’ opprimente pressione fiscale e favorire maggiori investimenti – e, dall’ altro, incentivare e sostenere l’ incontro e le sinergie sempre più stretti  tra le strutture educative, formative ed innovative ed  il mondo del lavoro e delle imprese.

Così come occorrerà abbandonare le facili scorciatoie elettorali per ritrovare vera unità di intenti su temi fondamentali come Europa, governo dei flussi migratori, sicurezza sociale, tutela e valorizzazione dell’ ambiente e rivitalizzazione dei territori.

Una  riflessione finale va fatta.

Sono sempre i dati che ci mostrano un’ Italia che sta progressivamente perdendo un numero preoccupante delle sue migliori risorse umane e culturali e nella quale, parallelamente, cresce a dismisura l’area del lavoro dequalificato e/o a basso valore aggiunto.

Le tabelle allegate confermano peraltro che anche quella spinta all’ innovazione che c’è nel mondo dell’impresa è realizzata tutta, o quasi, grazie alle risorse dei contribuenti con i lauti iper e super ammortamenti fiscali sui nuovi investimenti ( ma ciò non desta più di tanto meraviglia abituati come siamo dall’ Unità d’Italia al nostro “capitalismo assistito”!).

Ecco allora che la crisi dell’ economia finisce per specchiarsi sempre di più in quella sociale e culturale, in una rinuncia sostanziale alla vera modernità e all’innovazione e  senza che vi sia, purtroppo, consapevolezza diffusa nelle stesse famiglie e nei giovani (gran parte dei quali costretti, comunque, ad accettare un’ occupazione qualsiasi…in genere nella ristorazione, nei trasporti, nei piccoli servizi etc.) del progressivo arretramento della qualità culturale, civile e di convivenza che coinvolge non tanto le aristocrazie e le elites quanto l’ impalcatura stessa del nostro sistema sociale e del mondo del lavoro.

In questo generale contesto di degrado, dove allignano peraltro disuguaglianze, povertà, sfruttamento, rassegnazione, accanto ai fenomeni sempre più diffusi di illegalità e corruzione, si accelera una trasformazione (per noi crisi) di tipo “antropologico” che investe anche i ceti medi ed il complesso dei loro valori.

Non è certo un caso che finiscono per affermarsi e diventare sempre più “vincenti”, nello stesso mercato del lavoro, e purtroppo anche agli occhi di quanti avrebbero il compito primario dell’ educazione e dell’emancipazione culturale dei giovani, figure e modelli come quelle dei “palestrati” più che quelle degli “occhialuti dottorini”, così come quelle delle tante “aspiranti miss”, tutti comunque dediti alla quotidiana frequentazione  dei diffusissimi centri di “trattamento estetico” e di fitness. Alcune “ricerche” ci dicono che dopo i “anoressici” (abbronzati) e gli “ortoressici”  (alimentazione sana) sono sempre più di moda i “vigoressici” per i quali “l’attività fisica diventa l’unica fonte di gratificazione dell’esistenza di una persona”!.

Anche un sistema che esalta la cura del corpo piuttosto che quella del “pensiero”, contribuisce per la sua parte alla decadenza del livello culturale e civile nonchè  all’ indebolimento di valori come memoria, merito e conoscenza, e nel contempo la ricerca ossessiva  dell’ immagine si sposa con l’economia ed il commercio dell’ effimero, alimentando in taluni casi  apprezzabili “bellezze” ma nella generalità anche opprimenti ed insopportabili “coattifici”.

Quanti, come chi scrive, che non hanno potuto “vantare”, in materia, né velleità né interesse,  e  da sempre “rassegnati” alla più dimessa e quieta abitudine della ricerca, delle carte e dello studio sono ora costretti ad assistere a  simile spettacolo, con la sola speranza che il Cielo dia loro il tempo necessario a rafforzare   i  valori di sempre e con essi a salvaguardare l’  impegno civile e la dignità sociale delle nuove generazioni.