IL RUOLO DELLE FORZE INTERMEDIE
La necessità di avere un Paese dove le forze intermedie possano svolgere un ruolo – di Giulio Lattanzi
Giustamente le Confederazioni ancora una volta si fanno sentire (per il cosiddetto decreto “dignità”, presentato dal Ministro del Lavoro, non c’è stato confronto o concertazione preventiva con Cgil-Cisl-Uil o altra parte sociale, e neanche incontri informali con chi propone dall’opposizione il salario minimo o la continuità dell’inclusione per la povertà: in parte per i portatori di merce o pasti a domicilio,i riders, per i quali si è chiesto un parere ai sindacati), ma la “rabbia” centrale non raggiunge la cosiddetta “base” (si deve parlare con i lavoratori, ma soprattutto è doveroso ascoltarli) e ogni segnale di protesta lascia il tempo che trova, perché il “Sindacato” è formato – dati forniti dal sindacato stesso – da un iscritto pensionato su 2 in Cgil, 2 su 5 Cisl, 1 su 5 Uil.
Siamo convinti che dal sindacato non ci sarà alcuna pregiudiziale sul decreto “dignità” e che sarà giudicato dagli effetti positivi o negativi che produrrà per i lavoratori, l’occupazione, le imprese, siamo anche convinti, se ci sarà scontro o confronto vero, che questo avverrà con le forze sociali che non pensano sia normale – a patto che non ci siano fatti travolgenti – che ogni tre anni si cambino le regole del mercato del lavoro.
Una delle problematiche che gravano sui lavoratori è dato dalla nascita dei piccoli sindacati (si indicano come sindacatini) – senza regolamentazione, inutili è dannosi, numericamente inesistenti e incapaci di migliorare la condizione dei lavoratori, figli del vecchio detto “dividi et impera” e della immediata e semplicistica democrazia diretta che esclude molte persone.
Il problema è la rappresentanza – nessuno vuol risolvere questa questione secondo quanto è previsto dalla Costituzione -, ed allora le confederazioni assistono impotenti non solo alla sconfitta nella vertenza Alitalia – il popolo non si dimentica -, ma sono incapaci di evitare la conflittualità nei trasporti, Roma e Napoli in particolare, dove le aziende pubbliche (il settore pubblico segue criteri diversi – i risultati, purtroppo, si sono visti – da quelli privati, ma il Sindacato dovrebbe difendere non solo gli occupati, ma i cittadini, i disoccupati, altrimenti si da ragione a chi dice che cosa ci stanno a fare le Confederazioni) sono in forte difficoltà economica, che non possono offrire servizi adeguati ai cittadini.
Le Confederazioni, per il loro bene, dovrebbero chiedere in coro ed unitariamente l’applicazione dell’articolo 39 sulla rappresentanza, i diritti e doveri dei membri (non vorrei che la debolezza dei partiti impedisca questa scelta), anche per avere contratti “erga omnes”, cioè validi per tutta la platea interessata siano o meno iscritta al Sindacato: una situazione di chiarezza sulla rapprentatività, come abbiamo già detto, sarebbe utile ai sindacati, alla loro unità, alla trasparenza dei bilanci e da dove vengono le loro risorse.
Non so se dopo il 2014 per la rappresentanza ci siano stati accordi tra le parti, ma qualora vi fossero stati, sono tanto risibili che nessuno se ne è accorto: il precedente governo ha affrontato questo tema, ma non ha trovato soluzioni, questo esecutivo speriamo che affronti la questione con estrema decisione.
L’interesse di questa – come lo era della precedente – maggioranza è quello di ottenere in “solitaria” risultati da non spartire con nessuno, tantomeno con i sindacati che hanno sempre ritenuto “nemici” avendo alleati anche, spero inconsapibilmente, all’interno di questi: comunque con questo al momento con questo governo del cambiamento – oltre alla perdita di umanità per l’immigrazione – continua la campagna elettorale, perché non ci sono risultati concreti sulla diminuzione delle tasse, l’aumento dell’occupazione, la lotta e il superamento della povertà.
Il punto centrale, quindi, diviene quello di “ripristinare” il modello della concertazione-partecipazione-controllo per dare un ruolo – senza emotività – ai corpi intermedi (i sindacati, tutte le forze sociali) che abbia come scelta la centralità del lavoro, e come obiettivo la crescita: ciascuno deve fare la sua parte per dare prospettive ai giovani, alle donne, in particolare, per far crescere investimenti ed occupazione.