VINCENZO RUNCINI, UN PATRIOTA DIMENTICATO

– “la testimonianza di una vita spesa all’insegna dei valori che professava”  di Marco Rocchi *

Di eroici personaggi il nostro Risorgimento è colmo. Ma forse non si ha l’esatta percezione di quanti personaggi, solo all’apparenza minori, ma per certi  versi ancora ancora più eroici in quanto non godettero né in vita né post mortem di grande fama, costellino il firmamento dei patrioti che contribuirono, ognuno a suo modo, a fare l’Italia.

È il caso, ad esempio, di Vincenzo Runcini.

Letterato, educatore e attivista politico (repubblicano mazziniano), nasce a Montorio al Vomano, nel teramano, il 20 febbraio 1833.

Compie gli studi a L’Aquila, dove consegue prima il diploma di maestro elementare e poi l’abilitazione all’insegnamento superiore per le materie letterarie.

Nel 1860 partecipa come volontario alle ultime fasi della Spedizione dei Mille, congiungendosi al corpo di spedizione garibaldino giusto in tempo per la battaglia del Volturno, ove si distingue per il coraggio meritando i gradi di ufficiale.

Tornato a Montorio, manifesta pubblicamente le sue idee mazziniane e repubblicane.

Già nel 1857 aveva istituito presso la propria abitazione un ginnasio gratuito, frequentato da numerosissimi giovani, sia locali che provenienti da altre città.

L’esperienza andrà avanti fino al 1867, nonostante i numerosi impegni, sia militari (la già citata partecipazione alla spedizione dei Mille nel 1860), che lavorativi (dal 1862 occupa anche la cattedra di maestro elementare, sempre a Montorio) e familiari (nel 1863 mette su famiglia  sposando Maria Vulpiani, dalla quale avrà sei figli).

Nel 1867 partecipa alla spedizione di Garibaldi per la liberazione di Roma e alla battaglia di Mentana.

Negli anni seguenti partecipa a tutte le principali manifestazioni repubblicane: la commemorazione dell’anniversario di Mentana, la manifestazione per la morte di Mazzini, fino al convegno del Partito Repubblicano a Rimini nel 1874, in seguito al quale viene arrestato insieme ad Aurelio Saffi; nell’occasione sconta qualche mese di carcere. Terrà una fitta corrispondenza con Aurelio Saffi e Niccolò Tommaseo fino alla morte dei due patrioti. Collabora con giornali e periodici, in particolare con “L’alleanza” e con “Emancipazione”, ovviamente sempre su posizioni mazziniane.

Tra il 1873 e il 1880 si trova al centro di una vertenza lavorativa: nel 1873 il Ministro dell’Interno chiede al Consiglio Provinciale Scolastico di licenziare Runcini per le sue idee politiche sovversive, cosa che avviene nel 1877. Il Runcini ricorre, con esito negativo, al Consiglio Scolastico Provinciale. Presenta allora istanza di revisione, con esito positivo, direttamente al re Umberto I. Infine, però, in seguito ad un ricorso del Comune di Montorio, accolto dal re, è definitivamente licenziato nel 1880.

Costretto a cercare lavoro altrove, inizia una peregrinazione che lo porterà a svolge l’attività di insegnante a vari livelli prima ad Assisi, poi ad Ascoli e infine a Urbino, dove nel biennio 1893-1894 risulta affiliato alla locale loggia massonica Victor Hugo, appena fondata.

Nel 1894 si trasferisce a Genova, dove muore il 10 settembre 1907.

Il 26 aprile 1913 il suo corpo è traslato al cimitero di Camerino, ove tuttora riposa.

Di lui ci restano alcune opere: un testo di pedagogia (“L’educazione”, Teramo, 1866), un volume autobiografico (“Dall’Umbria alle Marche”, Ascoli, 1885) e un romanzo storico (“La difesa di Montorio – Storia abruzzese del secolo XV”, Urbania, 1887).

Ma ci resta soprattutto la testimonianza di una vita spesa all’insegna dei valori che professava, con un altruismo, una coerenza e una modestia d’altri tempi. Una vita, insomma, che meriterebbe di essere ricordata e portata ad esempio.

* Full professor of Medical statistics
Univ. Urbino “Carlo Bo”