UN MARTIRE LAICO

La ricorrenza della fucilazione di Girolamo Simoncelli

Sabato 2 ottobre 1852, festività dei SS. Angeli Custodi, veniva fucilato dai mercenari pontifici Girolamo Simoncelli patriota mazziniano, aveva combattuto come volontario nella prima guerra di Indipendenza, ed era stato esponente di grande rilievo a Senigallia come responsabile della guardia civica della Repubblica romana del 1849. Simoncelli aveva trentacinque anni.
Dopo la caduta della Repubblica ( 4 luglio ) la repressione in tutto lo Stato della Chiesa fu durissima.
A Senigallia in tre giorni ( 28, 30 settembre e 2 ottobre) fu perpetrata una vera mattanza con la esecuzione di ben ventiquattro condanne a morte, in una città presidiata da oltre quattrocento soldati austriaci, abbandonata da molti cittadini e con la chiusura di tutte le botteghe in segno di protesta. La vicenda proprio per la sua ferocia suscitò vasta eco in tutta Europa e Victor Hugo da Parigi parlerà in un proclama agli italiani dei “patiboli di Senigallia”.
La Repubblica con l’articolo 5 della Costituzione aveva abolito la pena di morte e il restaurato (dagli eserciti di Francia, Austria, Spagna e Regno di Napoli) Stato papalino l’aveva immediatamente reintrodotta e largamente messa in atto.
Simoncelli fu condannato innocente, come fu ampiamente dimostrato e fu vittima di una ingiustizia politico-giudiziaria. Per lui nessuna pietà perché anche il suo ultimo desiderio, non essere colpito al volto, non fu esaudito: una pallottola lo centrò in piena fronte. Pio IX non concesse la grazia nonostante i numerosi appelli che gli erano stati rivolti da molti autorevoli esponenti di Senigallia a lui devoti. Si espose a favore di Simoncelli anche Teresa Mastai Giraldi, sorella del Pontefice, che scrisse una lettera al Cardinale Domenico Lucciardi vescovo di Senigallia nella quale ricordava che la scarcerazione del prigioniero costituiva una istanza raccomandata dall “intero paese” e che l’animo di Simoncelli “non era per delitti di sangue, e che se fatalmente in alcuni fu mai spettatore, solo vi occorresse per impedirlo”.
Pio IX “ Pastor non Ultor”come si legge in una medaglia commemorativa del suo rientro a Roma, non poteva accettare che la “ sua” Senigallia si fosse ribellata al “suo” benefattore e Simoncelli ai suoi occhi era colpevole di avere amato la libertà e di avere lottato affinché i sudditi divenissero cittadini. Questo, il Papa- re non poteva davvero tollerarlo.
Da allora Senigallia, patria della vittima e del carnefice, ricorda e custodisce la storia di Girolamo Simoncelli. Dapprima in modo spontaneo, portando di nascosto fiori sulla porta della chiesa ove era stato sepolto e poi con lapidi, manifesti, con l’intitolazione del circolo repubblicano e con molteplici onoranze fino all’erezione nel 1952 di un cippo marmoreo in suo onore proprio sul luogo dove era stato fucilato.
Il Centro Cooperativo Mazziniano, fondato nel 1948 da Giuseppe Chiostergi, ormai dalla seconda metà del Novecento è testimone ed erede di questa tradizione e, ad ulteriore testimonianza , lo scorso anno ha apposto all’interno della corte della Rocca Roveresca di Senigallia sopra l’ingresso delle carceri in cui Simoncelli fu rinchiuso prima della fucilazione, una targa in suo onore che così recita:

Italiano senza Italia
martire laico che visse e lottò
per una Repubblica di cittadini liberi e uguali.

Alessandro D’Alessandro
Pres. Centro Cooperativo Mazziniano