RICORDO DI ALEARDO MAGGI

La redazione esprime profonda e sentita partecipazione al lutto

Il 22 novembre scorso, all’età di 86 anni, è scomparso il caro amico Aleardo Maggi, di famiglia arcarola radicata nel popolare rione degli Archi, un tempo abitato in prevalenza da famiglie di fornaciai e di pescatori, sviluppatosi negli anni che sono seguiti alla costruzione di Porta Pia, opera che, a parte la monumentalità, aveva reso non estenuante entrare ed uscire dalla città, prima possibile solo percorrendo la ripidissima via dopo l’Unità dedicata al generale Enrico Cialdini. Il carissimo comune amico Rodolfo Baldelli nel bel libro edito qualche anno fa su Claudio Salmoni “Lascia Guido che mi scaldi all’idea di Garibaldi…” così riferisce un colloquio avuto con Aleardo sulle rispettive esperienze politiche: “… (Aleardo) mi ha raccontato di essersi iscritto al PRI il 18 maggio 1956, il giorno del suo 25° genetliaco, immediatamente dopo avere ascoltato un comizio di Salmoni in Via Mamiani, davanti a quella che sarà la sua sezione, la Pace e Concordia. L’episodio non ha nulla di rimarchevole ed anzi rientra nella norma delle modalità di adesione ai partiti di quei tempi. In effetti, non solo il “comizio” era il principale se non l’unico modo di comunicazione con i cittadini, ma le motivazioni di una scelta politica erano esclusivamente ideali. Sicchè accadeva spesso che dopo un comizio si verificasse quello che gli amanti chiamano colpo di fulmine: ci si sposava con un partito solo per “amore”. Ed era un matrimonio che durava nel tempo: separazioni e divorzi procuravano dolore, erano malvisti ed erano l’eccezione, non la regola.” – v. pag. 141. Così è stato per il nostro amico, scomparso dopo 61 anni di militanza che ricordiamo tutt’altro che remissiva perché vissuta riaffermando le libertà individuali assieme ai doveri civili, come era indispensabile in un partito di minoranza che doveva esercitare nella società politica del tempo un ruolo di garanzia assolvibile attraverso virtuosità che solo il disinteresse personale poteva consentire. E per tale predisposizione dell’anima, Aleardo è stato intemerato amministratore pubblico nella sanità, valoroso funzionario bancario, cittadino che ha saputo coniugare lavoro e studio universitario, presidente dell’associazione Amici del Lucifero che ha salvato dalla sparizione la nostra storica testata. Non meraviglia perciò che in tempi nei quali la scena della politica conosciuta nella sua gioventù è completamente cambiata, Aleardo ripetesse con stizza che voleva morire nella sua casa politica. Troviamo la sua scelta di prosecuzione lineare della sua vocazione originaria il segno di un costume di sapore antico, capace di affetti di lungo periodo, tenuti insieme dall’intensità del nostro ricordo.

Ciao Aleardo.                                                                                                                                             (n.s.)