Un patto tra le Parti Sociali e l’Esecutivo per cambiare il Paese

Ho ascoltato il dibattito introdotto dal Presidente del Consiglio sulla fase due della pandemia e mi è sembrato tanto surreale e lontano dai problemi della gente, e che e i partiti (una parte della maggioranza e l’opposizione) volessero posizionarsi per ragranellare qualche voto in più: ridicola è stata poi la difesa della democrazia da chi storicamente l’ha tolta: le libertà non possono essere in pericolo per un dpcm ( decreto Presidente Consiglio), ma per motivi più seri e profondi.

L’introduzione di Conte è stata negativa – questa classe politica di maggioranza ed opposizione non è all’altezza del compito che l’attende – perché  priva, in ogni sua parola, di un progetto coraggioso, innovativo, per un futuro di cambiamento reale del nostro Paese: questo avremmo voluto ascoltare, invece il dibattito è stato di basso livello culturale e mancante di una proposta per la crescita.

La critica al Governo per il ritardo, di una settimana, di alcuni giorni, per aver superato la quarantena con troppa e con cautela e preoccupazioni sanitarie ed aperto solo a limitati settori produttivi, è stata pretestusa, e quella alla Ue (l’Europa ha tolto i vincoli del 3%, ha dato soldi per le imprese, ha stanziato miliardi per la sanità,…) è stata stucchevole.

Venendo a cose più serie tutti sappiamo che l’Italia è un paese che si porta dietro grandi difficoltà economiche e diseguaglianze evidenti, e dovrà affrontare una nuova e forte disoccupazione nei settori in profonda crisi, nelle piccole aziende (bar, ristoranti, artigiani, alberghi e negozi che chiudono……) in un mondo che ha capito poco dalla pandemia e corre come se nulla fosse accaduto e senza solidarietà non aspetta i ritardatari.

Gli imprenditori e i lavoratori, il  capitale e il lavoro, le forze sociali intermedie – pur nelle rispettive autonome – oggi più che debbono navigare sulla stessa barca per superare l’assistenzialismo, rendere produttivo il Paese, con gli occhi rivolti alla trasformazione vera del nostro assetto non solo industriale.

Le parti sociali –  mai come in questo momento è necessaria l’unità dei lavoratori e delle Confederazioni anche se di unità sindacale nelle nuove condizioni politiche se ne parla solo in termini generici e nessuno propone un percorso concreto)  – hanno un grande ruolo.

Ad esse spettano  impegno e  fatica, nel ridisegnare, assieme alla politica ed ai governi – classe politica che è più portata all’emergenza, per ovvi motivi d’immagine immediata, che alla lenta ricostruzione del tessuto sociale –  un Paese nuovo che sappia garantire e costruire –  anche in attesa del vaccino contro il coronavirus –  una società efficiente pronta ad affrontare anche le piu’ rischiose ed improvvise evenienze.

La prima cosa che le forze sociali debbono esigere e contribuire ad affrontare è il condizionamento ed il superamento totale dei ritardi imposti da una burocrazia  che è la prima responsabile dei ritardi e delle complicazioni che purtroppo anche in questi momenti di emergenza economica del covid-19 ostacolano o addirittura rendono impraticabili gli indispensabili aiuti alle imprese e ai lavoratori più in difficoltà (cassa integrazione, prestiti garantiti, etc.).

Una burocrazia ed un “blocco burocratico- clientelare” sicuramente cercheranno anche dopo di mettere i bastoni tra le ruote ad un diverso, ed auspicabile, cammino  dell’Italia verso il futuro.

Sarebbe opportuno che le forze  in campo ridessero più spazio contrattuale ai territori, realizzassero finalmente la parità retributiva di cui all’artcolo 37 della Costituzione Repubblicana, tra uomo e donna, normassero ancor di più il telelavoro, lo smartworking (sono strumenti diversi già previsti dai contratti), rispettando i principi di sicurezza e di difesa individuale della salute.

Le parti sociali dovrebbero sciogliere i nodi della bassa produttività e del costo per unità di prodotto che ci vede tra gli ultimi in Europa con i salari più bassi.

La centralità del Parlamento è essenziale, ma il Ggoverno deve colpire l’evasione fiscale (i mezzi tecnologici ci sono!) e rivedere la tassazione – pagare tutti e pagare meno: chi ha di più paghi di più -, intervenire sull’occupazione specialmente quella giovanile, la formazione, la ricerca, l’innovazione, l’intervento contro l’inquinamento, la sanità territoriale, il sostegno dell’impresa, l’aiuto all’esportazione dei prodotti delle piccole aziende e del turismo,: il tutto candito di istruzione e grande cultura.

Il confronto con le forze sociali dovrà, infine tentare di spegnere la giusta rabbia della “gente” per le ingiustizie e le disparità che ancora purtroppo caratterizzano il nostro Paese.

Giulio Lattanzi