IL PROF. AGOSTINO GRATTAROLA HA COMPIUTO 95 ANNI!

A Viterbo con lui per parlare ai giovani della storia e dell’idea repubblicana e del coraggio dell’intransigenza! – di Iperide Ippoliti

Il prof. Agostino Grattarola – possiamo con sicurezza definirlo “il più repubblicano dei repubblicani” – è stato tra i “discepoli” di Giovanni Conti ed ha compiuto 95 anni il 25 ottobre u.s.

Insieme a Benito Garrone, presidente dell’ ALCRAS di Roma, siamo stati ricevuti sabato 14 ottobre u.s. nella sua dimora di Viterbo.

Un incontro intenso, pieno di sentimenti e di ricordi ma anche l’ occasione per una sua rinnovata e lucidissima analisi del lungo percorso dell’ “Idea Repubblicana” nel nostro Paese.

Di quella magnifica giornata trascorsa con Agostino e suo figlio Franco abbiamo voluto dare testimonianza dalle pagine di “luciferonline”.  

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La “Città dei Papi” ci accoglie con un sole splendente, in un magnifico sabato di ottobre, cielo terso aria cristallina.

I colori tipici della cinta muraria che ci accompagna alla nostra destra per un lungo tratto  – Porta Fiorentina, Porta della Verità, Porta Romana – con le merlature guelfe e le torri massicce fanno da contrasto alla luminosità dell’ aria; così come  gli stemmi papalini a  quell’  esponente di laicità e  di genuino anticlericalismo  che di lì a poco incontreremo, salendo Via della Pila, nella parte alta della città,  quartiere “Cappuccini”,  appena dirimpetto all’ ingresso altrettanto austero dell’ Università della Tuscia.

Viterbo – Porta RomanaE’ lì che ci attende il figlio di Agostino Grattarola, Franco, fecondo scrittore – sta lavorando ora ad un saggio su opere cinematografiche solo apparentemente minori –   al contrario di suo padre che da molto tempo preferisce la comunicazione diretta e non mediata con i propri interlocutori.

L’ attesa di incontrare Agostino è stata lunga. Durante il viaggio da Roma a Viterbo insieme a Benito Garrone abbiamo sottolineato malinconicamente quanto sia mancata agli amici, da vari mesi oramai (in particolare dopo la perdita della sua cara consorte Sig.ra Liliana Salvemini)  la istruttiva consuetudine delle sue frequentazioni  in quel di Testaccio, nei periodici incontri, veri e propri corsi accelerati di repubblicanesimo e di autentica laicità.

Ma la celebrazione del suo 95° anniversario – è nato il 25 ottobre del 1922 – era un’ occasione troppo importante per non essere colta!

Egli ci accoglie nella parte più ricca della sua biblioteca, attigua all’elegante salotto,vestito di tutto punto, con un’elegante cravatta regimental. Cogliamo subito dal suo sguardo penetrante – legge tuttora e da sempre senza l’ausilio degli occhiali! –  e dal sorriso compiaciuto ed ammiccante che è in splendida forma. Prova  anch’ egli piacere nell’ incontrare vecchi amici e militanti.

Agostino Grattarola e Benito Garrone

Il prof. Grattarola – lo ricordiamo soprattutto a quanti sono più giovani – rappresenta se non l’unico uno dei pochi riferimenti ed anelli di congiunzione della attualità politica con la vicenda storica del repubblicanesimo italiano,  avendo la sua militanza attraversato per almeno 70 anni le tappe più significative del movimento repubblicano  nel XX e nel XXI secolo!

Un esempio di coerenza da sottolineare, tanto più oggi nel trionfo del trasformismo e dell’ opportunismo dilaganti!

Non si è mai staccato dal Partito nel quale ha militato fin da giovane. Giovanni Conti affidò a lui ed a pochi altri la redazione di quel Gioventù Libera che l’insigne parlamentare marchigiano diresse dal 1954 al 1956 e di cui il compianto amico on.le Enrico Ermelli Cupelli mise noi a suo tempo in condizione di rivisitare  l’intera raccolta, regolarmente e doverosamente restituita (ma solo dopo alcuni mesi di avida lettura ed approfondimento), al suo figlio Alberto Mario.

La copertina di “Gioventù libera” del 2 giugno 1954

Erano gli anni difficili di quella opposizione interna, nata all’indomani della lacerazione dei rapporti tra Pacciardi e Conti. Quest’ultimo intento come non mai a preservare da rischiose “contaminazioni” la identità del Partito ed il suo ruolo di garante e motore dei valori costituzionali al di sopra delle alleanze politiche momentanee. Questo in coerenza con quanto fatto sempre per la salvezza del Partito insieme a Zuccarini, in particolare nel Congresso del PRI di Trieste del 1922, ed ancor prima sotto la guida sapiente di Arcangelo Ghisleri.

Come ebbe a scrivere, in una significativa testimonianza, proprio l’ amico on. Enrico Ermelli vale anche per il prof. Grattarola ciò che l’ attaccamento al Partito significò per Giovanni Conti:  “….nelle file o fuori del Partito il Partito è in cima a miei pensieri

Oggi, però, il professore di Viterbo non rappresenta solo l’ esempio ed il simbolo di una coerente militanza ma qualcosa di ben più alto: un riferimento ed una testimonianza  che tutte le nuove generazioni che si accostano al pensiero repubblicano dovrebbero avere il privilegio di conoscere e di ascoltare.

Parlare di Agostino semplicemente come “mazziniano” sarebbe insufficiente, direi  anzi sbagliato. La sua conoscenza storica, tuttora intatta nella memoria –  espressa nei continui riferimenti  a testi, avvenimenti, personaggi e ad esperienze dirette –  viene da lontano. Il suo, come per Conti, non è un mazzinianesimo retorico e tanto meno celebrativo bensì un riferimento ideale e morale che si integra perfettamente con la concretezza e la modernità del pensiero di Cattaneo.

Questo equilibrio si rafforza e si consolida, appunto,  nella frequentazione e nell’ insegnamento di Giovanni Conti ma affonda le sue radici molto più in avanti  secondo una continuità ideale che lo collega addirittura all’illuminismo ed al giacobinismo delle prime esperienze rivoluzionarie del 1799. Una continuità che da Cattaneo e Mazzini si dispiega nella opposizione post-unitaria e post-risorgimentale e  che con  Bovio e Ghisleri,  porterà al rinnovamento neo-repubblicano del primo ventennio del ‘900, alla Costituente, al travaglio del Partito nel centrismo, al PRI di Oronzo Reale, di Ugo La Malfa e di Giovanni Spadolini, fino alla drammatica diaspora dei nostri giorni.

L’ impatto con Agostino non è, comunque, dei più semplici. Ritenevamo  noi di “intervistarlo” per il nostro battagliero “Lucifero” ed anche per questo abbiamo pensato bene di fargli dono degli ultimi 4 numeri dello stesso, espressione della faticosa ma importante ripresa del nostro storico periodico (ndr. dalle Poste “private” egli se ne è visto recapitare solo un numero!).

E’ lui, invece, che ci interroga. Per un momento ci sembra di essere ritornati sui “banchi” di scuola! Il Professore mette subito alla prova il nostro livello di conoscenza (sicuramente scarso almeno al suo cospetto…) aprendo addirittura uno dei 14 volumi degli scritti di Aurelio Saffi che campeggiano nella sua biblioteca con elegante rilegatura.

Una raccolta, la sua, non certo invasa dalla pubblicistica moderna bensì arricchita di preziosi e fondamentali testi che hanno segnato la storia del pensiero repubblicano,  antichi e rari  cimeli che è sicuramente complesso oggi,  se non impossibile,  rintracciare altrove.

Ma perché iniziare da Aurelio Saffi la nostra chiacchierata?

La risposta del Professore è molto precisa: “Perché  il più giovane dei triumviri della Repubblica Romana del 1849 è stato con la sua produzione il vero anello di congiunzione tra la tradizione mazziniana e  le nuove generazioni dei repubblicani, a cominciare da Alberto Mario e Arcangelo Ghisleri”.

E’ stato il forlivese Saffi  – egli aggiunge –  a permettere il collegamento delle generazioni eroiche che hanno combattuto contro quattro eserciti (francesi e papalini, sabaudi, austriaci e borbonici) e a trasmettere una fiaccola, seppur un po’ retorica, alle nuove generazioni compresi Ghisleri e lo stesso Cesare Battisti.  Ricordo che l’incontro di Saffi con Ghisleri avviene in Svizzera nel Canton Ticino, terra di esilio dell’ “Addio Lugano bella”. I  quattordici volumi,  editi per il Comune di Forlì dalla Tipografia di G. Barbera di Firenze, costituiscono un’ opera purtroppo ancora tra  le meno studiate dalla storiografia. Eppure essi hanno contribuito per larga parte all’ incrocio ed incontro tra generazioni di repubblicani volte alla stessa costruzione del Partito sulle ceneri del Patto di Fratellanza, vivi ancora i fermenti carbonari pur nella nuova reinterpretazione mazziniana e post-mazziniana  della Alleanza Repubblicana Universale…”.

Gli scritti di Aurelio Saffi
Aurelio Saffi

A questo punto  Agostino  va con il ricordo all’isolamento dei repubblicani intransigenti. Sottolinea il collegamento stretto con gli anarchici – del sentimento “anarchico” e libertario Giovanni Bovio fu il più genuino interprete dalla sponda repubblicana –  l’ U.S.I, la Settimana Rossa, il giovane Nenni repubblicano: “Repubblicani ed anarchici, il lungo e fondamentale filo rosso dell’ opposizione intransigente alla monarchia sabauda”.

Il Professore con riferimento all’ attentato dell’ anarchico Gaetano  Bresci ad inizio ‘900 ed all’ uccisione, per mano di quest’ultimo,  del Re Umberto I (per vendicare le dure e sanguinose repressioni del regime monarchico-militaresco sul finire del XIX secolo) si lascia andare, con piglio  e naturalezza ad un commento ironico e pungente: “Un incidente di percorso può anche capitare a chi detiene dinasticamente il potere,   per sangue e  nel sangue, e non per consenso di popolo, il potere”.  Quasi ad assumere oggi alla sua “veneranda età” le vesti del moderno “cospiratore”, ma diremmo noi forse più rispettosamente quasi a rafforzare indirettamente la celebre affermazione del Bresci a sua difesa “Io non ho ucciso un Re, ho ucciso un’ Idea!”.

Tentiamo nel dialogo di avvicinarci a tempi meno remoti della vicenda repubblicana ma  il Professore non ce lo consente; è lui a tenere in mano il pallino della conversazione e ci parla addirittura di…..…..Melchiorre Gioia!

Sapete chi è Melchiorre Gioia e cosa egli ha rappresentato?”  Naturalmente rimaniamo un po’ spaesati non avendo una conoscenza profonda di questa pur importante figura. Personalmente, dilettandomi fra le tante anche un po’ di economia provo un senso di impaccio nel confessare apertamente l’ insufficiente approfondimento di un personaggio della nostra storia che ha dato moltissimo in particolare alla statistica economica e non solo.

Ma non è su questo particolare aspetto che Agostino intende soffermarsi. Egli vuole andare piuttosto  sul valore di quei  princìpi di costituzionalismo repubblicano di cui il Gioia, sulla scorta delle rivoluzioni giacobine fu non solo convinto assertore ma anche sopraffino teorico ed anticipatore. Dunque una personalità tra quelle preferite dal nostro interlocutore proprio perché anch’esso anello di congiunzione tra generazioni repubblicane e di insegnamento allo stesso giovane Mazzini per quell’innovazione istituzionale che, ahinoi, l’ Italia dovrà attendere ancora per più di 150 anni!

Il riferimento, seppur taciuto ed indiretto, è infatti  soprattutto a quel saggio giovanile Quale dei governi liberi meglio si convenga alla felicità dell’ Italia attraverso il quale il Gioia, appena trentenne,  (1767 – 1829, peraltro coetaneo di Gian Domenico Romagnosi che tanto peso ebbe nelle radici culturali e giuridiche di Giulio Andrea Belloni) si fece conoscere anticipando quei principì costituzionali ed istituzionali che fatti poi oggetto di attento studio ed approfondimento da Cattaneo e da Mazzini costituiranno una delle massime fonti ispiratrici della tensione e delle lotte rivoluzionarie per l’ Indipendenza, per l’Unità e solo molto più tardi  per la Repubblica e per la sua moderna Costituzione!

E’ qui  che insiste soprattutto l’eredità consegnata a Mazzini ma anche una delle fonti di riferimento per quella  modernità di pensiero che fu di Carlo Cattaneo e persino quegli stessi capisaldi dell’ associazionismo che caratterizzerà il  pensiero sociale repubblicano fino alle nostre più attuali relazioni industriali”.

“Sarà Arcangelo Ghisleri a fondere nel tutt’uno del neo-repubblicanesimo moderno affidato all’ azione di Conti e Zuccarini, il pensiero mazziniano con quello cattaneano”-  torna a rimarcare   Grattarola, ricordando come certa “retorica” di un più antico e celebrativo repubblicanesimo fosse stata giustamente temperata e corretta in particolare da Giovanni Conti, appunto alla luce dell’insegnamento dell’ autore del Politecnico.

Riusciamo appena ad interloquire e a porgli una domanda su un altro tema fondamentale della storia repubblicana: il rapporto e l’incrocio tra “unitari”  e “federalisti”.

Gli ricordo anche recenti riferimenti della pubblicistica politica alla figura importante di Giuseppe Ferrari, ed il professore, convinto federalista ed attento alla attualità e criticità  della dimensione dei  territori coglie la palla al balzo ed è drastico: “Sono, insieme a Zuccarini, per “lo stato leggero”, al di fuori e contro tutte le sedimentate ed opprimenti bardature  che servono solo ai detentori del potere ed ai burocrati non per dare servizi ai cittadini bensì per  lucrare alle spalle del popolo e delle categorie più deboli!”.

Poi con riferimento all’attualità europea ed italiana dei nostri giorni aggiunge: “ Confermo la mia adesione all’ idea federale, ma ad un federalismo che non contrasti con l’ unità della Patria e con la solidarietà. Sono contro il populismo che rompe con l’ unità …vogliono ricostruire il Regno Lombardo Veneto! I protagonisti di questa iniziativa facciano piuttosto una proposta concreta e credibile per diluire e diminuire, anziché rafforzare, tutti i benefici di cui attualmente gode, senza più alcuna ragione storica e con alcune evidenti distorsioni , il nostro regionalismo a statuto speciale,  anziché rivendicarne l’allargamento sulla pelle dei territori più deboli!”

Si ritorna al Ferrari ed il  Professore continua a sorprenderci: “I  discorsi parlamentari di Giuseppe Ferrari? Non hanno avuto mai il coraggio di stamparli….sarebbero stati rivelatori di cose inenarrabili!!!” Avremmo potuto leggervi, infatti, la storia di una minoranza rivoluzionaria stampata a carico di quella maggioranza che ha invece tradito il Risorgimento repubblicano e l’ idea di Repubblica!”

E non manca di ricordarci quale fosse la grande abilità del Ferrari – come d’altra parte dei “maggiori” Mazzini e Cattaneo – a scrivere e comunicare con molta efficacia anche nella lingua francese.

Da Ferrari la memoria ritorna di nuovo a Ghisleri questa volta per un ricordo personale e per una sottolineatura dell’importanza dell’insegnamento della geografia politica che sa incrociare quello della storia: “ Ho studiato al ginnasio su testi di geografia storica di Arcangelo Ghisleri…Mi sono laureato con una tesi dal titolo “L’opera di Arcangelo Ghisleri e l’insegnamento della geografia in Italia”….La geografia e l’economia sono indispensabili a spiegarci gli avvenimenti storici!”.

Non insiste su questa figura fondamentale e di snodo del repubblicanesimo forse anche perché ha già saggiato in passato la nostra “preparazione” e convinta adesione sull’ argomento. Questo mentre il nostro pensiero va a quel piccolo e prezioso opuscolo rintracciato ed acquistato proprio l’estate scorsa in una rivendita ambulante nella pineta di Castiglioncello, tanto cara a Spadolini, dal titolo Atlantino Storico – Evo Moderno” – a cura di A. Ghisleri – Istituto Italiano d’Arti Grafiche – Bergamo – 1947 .

Atlantino Storico di Arcangelo Ghisleri

Ma caro Agostino come fai a ricordare tutto? Sei quasi al  livello di Giovanni Spadolini quanto a memoria, riferimenti e citazioni!”  Replica in tutta tranquillità e sicurezza ma anche con acuta ironia ed una sorta di autocompiacimento che certo non ci disturba: “La verità è che la mia memoria è insufficiente a contenere tutte le informazioni accumulate!!!”

Rimaniamo sbalorditi, e ci viene in mente, non so perché e se motivatamente, il rapporto tra le potenzialità della intelligenza umana e di quella artificiale e digitale.

Riusciamo a spostarlo su tematiche ed avvenimenti a noi più vicini. Si ritorna, è inevitabile, su Giovanni Conti: “E’ stato un maestro… a lui si deve non solo il rinnovamento del repubblicanesimo ma soprattutto la salvezza e la ricostruzione del PRI sia nel primo ventennio del ‘900 sia soprattutto nella clandestinità e dopo il crollo del fascismo. Ha rifondato clandestinamente il Partito, dopo aver voluto a suo tempo creare “La Voce Repubblicana”. Ma mi piace  ricordare anche una figura importante, ma troppo spesso dimenticata, che fu accanto a lui in questa opera di ricostruzione: il papà del più noto Alberto Ronchey”.

Assentiamo, ritornando con il pensiero ai  primordi della nostra giovanile frequentazione  della Direzione Nazionale del PRI, nei lontanissimi anni ’60, che ci dettero modo di incontrare il papà di Ronchey.

Il mio incontro con Conti  è avvenuto soprattutto perché egli si accorse di un “maniaco” della carta stampata ed aveva bisogno di giovani che scrivessero per “Gioventù Libera”. C’era  comunque un rapporto formale con lui. Conti non si atteggiava a leader…era un vero leader! Ricordo anche l’impresa a cui si accinse, quella di scrivere una storia completa del pensiero repubblicano. Ha potuto stampare solo il 1° volume ma sarebbe stata una storia da sviluppare  in più volumi. Scelse di isolarsi  ma era tutt’altro che un isolato….Giunsero perfino a garantirgli una candidatura come indipendente.. Ma egli rifiutò. Fu poi una norma specifica riferita a quanti da parlamentari eletti  non avevano mai votato a favore del fascismo, a consentirgli la nomina a senatore  di diritto…fino alla sua morte prematura”.

Ci puoi dire qualcosa sulla sofferenza di Conti nel Partito e sulla vostra sofferenza, insieme a lui,  nel Partito?

“ I problemi nel Partito  non ci sono stati finché era stato presente e vivo Giovanni Conti…Certo il rapporto con la componente azionista era molto complesso e irto di difficoltà che non sono mai state nascoste. Basti ricordare le parole roventi di Salvemini, figura molto  vicina a quella di Conti…”.

Poi d’improvviso si ferma: “ Ma non voglio indulgere troppo nella critica all’ azionismo, anche perché con l’esperienza fatta negli anni successivi mi rendo conto che il mutamento progressivo impresso da Ugo La Malfa è stato fondamentale per il percorso repubblicano e per la vita della Nazione.  Importante per le responsabilità primarie di governo e per il programma del PRI che all’epoca ne confermava  la vocazione europea e meridionalista,  il tentativo di aprire e modernizzare il Paese, il controllo delle spinte rivendicative e settoriali per lo sviluppo degli investimenti produttivi,  la volontà di superare gli stessi problemi creati da una crescita per certi versi affrettata e piena di squilibri sociali e territoriali…Il compito che come gruppo storico ci eravamo dati  era, comunque,  quello di eliminare da principio i germi che avrebbero potuto produrre  la decadenza della Repubblica appena creata…..Noi temevamo lo snaturamento del Partito, della sua peculiare intransigenza, della sua identità ma insieme anche quello dei rapporti e degli equilibri tra i diversi poteri…”

Incalziamo noi sull’ argomento: “ Si può attribuire soprattutto a Giovanni Spadolini la capacità di aver saldato, almeno sul piano storico-culturale, il vecchio ceppo contiano e mazziniano con quanti provenivano dalla liquidazione dell’ esperienza azionista? La pronta risposta di Agostino non riesce a nascondere un moto di amarezza e delusione : “ Spadolini ha cercato ma non è riuscito pienamente in questo intento… Un conto sono la ricerca storica e la carta stampata, un altro conto è la concretezza della vita politica e partitica”.

Il riferimento all’opera di G. S. ci riporta naturalmente al suo fondamentale saggio  “L’opposizione laica nell’ Italia moderna: (1861-1922) radicali e repubblicani nell’ adolescenza della nazione che rappresenta il momento di svolta dello storico che dagli studi fondamentali sul movimento  cattolico si apre all’approfondimento del ruolo svolto  dall’ opposizione laica, radicale e repubblicana.(foto 7).

“L’ Opposizione Laica….” di Giovanni Spadolini

“Non dico certo una novità nel ricordare che fu soprattutto il ricco materiale messogli a disposizione da Conti fin dai primi anni ’50,  nella sua abitazione di Campo Marzio, a consentire a Spadolini, come egli stesso ha ricordato nella sua opera, non solo di trascrivere gli atti dei congressi repubblicani nazionali e regionali ma anche di rintracciare altri  preziosi documenti della storia del movimento repubblicano….Rammento anche che in questi incontri Conti che si “spupazzava” e si godeva la amata compagnia del nipotino G. C. Jr..”.

Giovanni Conti nella sua biblioteca

La discussione si sposta ad un breve ma doveroso accenno a personaggi a noi cari come Giulio Andrea Belloni,  Vittorio Parmentola. In particolare di quest’ultimo  abbiamo condiviso, nel Partito degli ultimi anni ’60, l’ispirazione etica e sociale di un mazzinianesimo ereditato soprattutto dall’insegnamento di un altro grande di un’altra generazione: Terenzio Grandi.

I tempi stringono. Superiamo abbondantemente l’ora canonica del pranzo e sottovalutiamo il fatto che in questo caldo e splendido autunno romano e viterbese il ristorante in quel di Bagnaia che ci accoglierà lo dovrà fare in forte ritardo e già strapieno di rumorosi e gioiosi commensali.

La verità è che dopo Spadolini ai repubblicani è mancato…. il direttore d’orchestra!” questo il commento del Professore alla nostra domanda sui motivi di fondo del declino del PRI.

Azzardiamo noi:“Avrebbe potuto essere Adolfo Battaglia che in fondo già nel lontano Congresso Nazionale del ‘65 almeno nel suo intervento si oppose all’isolamento della componente storica ed intransigente e tentò con essa una saldatura?”  La risposta è fredda e sicura: “Il papà di “Dodo” era un insigne viterbese, quell’ Achille Battaglia, avvocato, che proveniva dal movimento di Giovanni Amendola…Secondo voi questi  trascorsi politici avrebbero davvero potuto garantire una eredità  capace di un percorso di  identità repubblicana, senza le incrinature e le concessioni imposte dalle moderne alleanze?

Rimaniamo, in verità,  un po’ spiazzati dalla sua risposta e dalla motivazione. Una considerazione che pur nella necessaria sinteticità può apparire forse troppo ingenerosa verso un esponente  al quale ci lega tuttora –  anche dopo le distanze riconfermate nella recente vicenda referendaria – una amicizia profonda soprattutto nel ricordo di quel lungo cammino di rilancio e di rinnovamento del Partito che da Adolfo Battaglia, così come da una figura troppo prematuramente scomparsa quale fu  Claudio Salmoni,  ricevette un impulso fondamentale.

Quale legge elettorale servirebbe all’ Italia repubblicana?

Non ho dubbi al riguardo: una legge elettorale con proporzionale pura e recupero dei resti su scala nazionale (la stessa con la quale fu eletta l’ Assemblea Costituente del 1946), può essere  l’unico strumento atto a garantire ruolo al Parlamento, rappresentatività anche alle minoranze “critiche”, incontro e governabilità sui programmi e le cose da fare in coerenza con gli impegni assunti con gli elettori!”

Partito o movimento e sulla e-democracy?”

Risposta lapidaria di Agostino: “Non dobbiamo vergognarci di chiamarci ancora con un termine ottocentesco: Partito!” Egli  coglie qui l’occasione per dichiarare esplicitamente tutta la sua avversione ad un intervento legislativo – evocato anche recentemente dal novello “leader” di M5S – che riguardi tanto i partiti politici come il sindacato e subito aggiunge: “I nuovi mezzi di comunicazione non riusciranno a scalzare l’importanza e la funzione essenziale della carta stampata”.

Di Renzi cosa pensi? replica: “Renzi chi?”. Si vede che il Professore non segue molto i TG e soprattutto capiamo che alla nostra domanda, in verità densa di attese, il suo pensiero anziché volgersi ai nostri tempi nostri preferisce andare addirittura  al suo vecchio e compianto amico Giorgio Renzi, repubblicano ancor più intransigente e “difficile”, suo compagno di tante battaglie. Poi aggiunge, con riferimento al giovane ex-premier : “ Con lui, ma anche con lo stesso D’ Alema,  si dimostra ancora una volta e di più che chi ritiene di avere una leadership in effetti non ce l’ha….oggi stanno tutti cercando di raccogliere i cocci dei vecchi partiti!!

Come trasmettere ai giovani il messaggio repubblicano?

Il messaggio repubblicano è giovane per sua natura perché supera la cultura presente e sa anticipare quella futura! Oggi soprattutto a fronte di una Massoneria che rischia di diventare solo “Rotary” occorrerebbe raccogliere il testamento dell’ antica Carboneria… dovremmo ricostituire una moderna  “Alleanza Repubblicana Universale” per lavorare alla vera libertà, alla vera unione tra popoli liberi, per realizzare quelle istituzioni democratiche e quella giustizia sociale cui mira il vero repubblicanesimo!”

Ci basta. Si è fatto troppo tardi. Il pranzo ci attende…in fondo siamo venuti a Viterbo per celebrare, seppur con pochi giorni di anticipo un compleanno importante.

Da sinistran : Benito Garrone, Agostino Grattarola e Iperide Ippoliti

Con la mia auto (definita “papale” dai miei figli, una modesta Fiat Idea cui però sono molto affezionato perché mi “scarrozza” in ogni dove e a bassa velocità nel caos crescente del traffico romano), percorriamo a pochi chilometri di distanza dalla abitazione di Via Pila, insieme a Franco, Benito ed Agostino  il suggestivo viale di tigli che ci accompagna fino a Bagnaia e ci ripara dalla luce accecante del sole.

Ma in fondo di “luce” e soprattutto di “calore repubblicano” in questa indimenticabile giornata ne abbiamo goduto fin troppo!

Auguri da tutti noi caro Agostino!