IL REFERENDUM DEL 4 DICEMBRE

MA LA RIFORMA DELLA COSTITUZIONE NON E’ LA VERA PRIORITA’

– La coincidenza della ripresa delle pubblicazioni del “Lucifero”con i due appuntamenti che tengono, in verità da mesi, in fibrillazione il sistema politico italiano – riforme costituzionali e legge elettorale –  non poteva evitarci di affrontare questi delicatissimi temi.

Il referendum di domenica 4 dicembre è oramai alle porte, sul cosiddetto “Italicum” dovranno tornare ad esprimersi la Corte Costituzionale ed il Parlamento ( e sarà molto complesso per tutti, per la stessa Consulta, prescindere dagli esiti della competizione referendaria).

Vista l’importanza delle scadenze, cerchiamo di offrire  agli amici ed ai nostri lettori, rispettosi del libero pensiero e della libera scelta di ognuno,  spunti per una riflessione pacata, equilibrata, non invadente, sui rischi ed insieme sulle reali necessità  legate alla situazione ed al futuro del Paese ed alla salvaguardia della nostra Carta Costituzionale.

Disegno di Duilio Cambellotti
Disegno di Duilio Cambellotti

Abbiamo anche fatto riferimento ad alcune significative espressioni tratte dal lungo percorso della tradizione laica e repubblicana in materia istituzionale. Posizioni che seppur non tutte  strettamente legate alla attualità politica costituiscono, a nostro avviso, elementi di orientamento.

La prima considerazione di fondo è relativa alle opportunità ed al metodo.

E’ vero che dopo estenuanti confronti il sistema politico e parlamentare italiano  non è riuscito,  per lunghi anni,  a produrre soluzioni valide e realmente condivise.

Come va riconosciuto che nemmeno forti convinzioni regionaliste e/o federaliste (e nella storia del repubblicanesimo, soprattutto marchigiano,  ce ne sono di autorevoli….) potrebbero oggi far chiudere gli occhi sui guasti prodotti sin qui da quella che è stata una troppo affrettata ed errata operazione di modifica del Titolo V della nostra Costituzione.

Ci  si deve, però, domandare se quella di una riforma profonda delle regole costituzionali no  costituisca la vera priorità dell’ Italia del 2016 e dove risiedano i concreti vantaggi di spaccare ancora di più e verticalmente un Paese attraversato da una crisi politica e sociale senza precedenti ed ora necessitato a stringersi ancora di più difronte alle conseguenze dell’ immane tragedia del sisma.

Ci chiediamo soprattutto, se non siano la bassa qualità della classe dirigente politica, la  superficialità e l’incoerenza programmatiche, la giungla legislativa, lo scarso livello morale, l’ evasione e la corruzione,  le degenerazioni partitocratriche e dello stesso parlamentarismo e regionalismo, la mancanza di una vera comunicazione tra maggioranza ed opposizioni, (evocata in pagine ed in interventi mirabili da uno dei padri della nostra Costituzione, Piero Calamandrei, e che un “bipolarismo” tuttora irrisolto e dannoso ha addirittura esasperato), l’ingessatura burocratica, il clientelismo dilagante, gli squilibri sociali sempre più profondi, a costituire il vero gravame che condiziona l’ azione dei governi e del Parlamento, ingabbiando con esso  lo sviluppo di tutto il Paese.

Torna per noi di grande attualità il messaggio del “decalogo istituzionale” di Giovanni Spadolini.

Egli, sia nella sua veste di Presidente del Consiglio, come in quella di Segretario del PRI e di presidente del Senato, ricordava sempre come le riforme costituzionali non possono essere “affari della maggioranza”, bensì debbano investire la comunità politica nel suo complesso. Puntava anch’ Egli ad un rafforzamento delle prerogative del premier e del governo – la Legge n. 400 /1988 sulle potenziate funzioni e sui nuovi assetti  della Presidenza del Consiglio origina in fondo dalle sue intuizioni – ma è stato giustamente ed autorevolmente sottolineato come il suo “maggioritarismo” fosse di tipo “funzionale” e “regolamentare”,  con la precisa volontà di evitare interventi sulla  forma di Governo e  sulla Costituzione.

Sul piano del metodo ci chiediamo se il percorso prescelto sia in realtà il più idoneo o se non fosse stato necessario ricorre alla elezione di un’ Assemblea Costituente, in grado per sua natura di predisporre una soluzione più valida, saggia e largamente condivisa, direttamente sottoposta alla volontà ed al giudizio di tutti i cittadini.

Anche il rifiuto di parcellizzare i quesiti referendari, relativi a modifiche così complesse, richiama quanto meno  forti dubbi di  strumentalità,  soprattutto nella scelta di presentare agli elettori un accorpato, quanto “allettante”, quesito che già nella sua  formulazione anziche’ chiarire le specifiche scelte del legislatore (e le sue concrete conseguenze) spinge ad un orientamento passivamente “positivo” del cittadino.

Nessuno, poi, potrà convincerci che non sia stato a suo tempo l’esito eclatante del voto delle elezioni europee del 2014 ad accendere  la miccia di quell’esplosivo ed inscindibile mix “modifica costituzionale – nuova legge elettorale” in grado di offrire la grande opportunità di  cancellare “l’ostacolo” della doppia lettura –  tradizionalmente ostico per i partiti al governo per la diversa composizione politica del Senato dovuta alla diversità dei meccanismi elettorali –  ed insieme di concentrare nel partito di maggioranza relativa e nel premier gran parte dei poteri  attraverso il “regalo” del premio di maggioranza in un doppio turno facilmente superabile, almeno  nella condizione e negli scenari elettorali di due anni fa.

Oggi, però,  molte situazioni da allora sono profondamente mutate ed anche ciò dovrebbe indurre tutti  a tornare a ragionare, oltre che sui rischi, anche e soprattutto attorno alla qualità ed al merito delle proposte.

Nel merito ci limitiamo ad una prioritaria considerazione:  quella relativa alla correzione del bicameralismo che costituisce senza dubbio la parte più significativa del quesito referendario e che rinvia al tema del rapporto tra la nuova la composizione del Senato e la sua reale funzione.

In questa direzione ci sono di grande aiuto le posizioni sostenute in questi mesi  in seno all’ Associazione Mazziniana Italiana, gelosa custode dei valori costituzionali e, non solo nei suoi vertici, attenta valutatrice delle evoluzioni, o delle involuzioni, istituzionali. L’ AMI, pur esprimendo nei suoi organismi nazionali un orientamento generale per un “no” ragionato, sereno  e “senza secondi fini” ha sviluppato significative iniziative di approfondimento delle tematiche referendarie  attraverso le sue strutture locali ed ha, in ogni caso, lasciato liberi di scegliere i suoi aderenti nel voto del 4 dicembre.

Nelle posizioni della “mazziniana” noi apprezziamo da un lato il riconoscimento dell’ esigenza di “concentrare il rapporto fiduciario e di snellire il procedimento legislativo”  ma soprattutto, dall’altro, la forte critica sia alla rinuncia al principio elettivo, sia al profilo delle funzioni connesse ad una nuova composizione del Senato.

Senza indulgere in aspre polemiche e forzate contrapposizioni, ma anche con grande determinazione, in ambito AMI si è affermata la propensione per un nuovo Senato, anche numericamente molto ridotto rispetto all’ attuale (100 componenti),  ma eletto con metodo proporzionale attraverso un collegio unico nazionale e con voto di preferenza. Un nuovo Senato come tale in grado di poter accogliere la voce delle minoranze.

Un Senato della Repubblica che non punti sulla rappresentanza delle Regioni e delle Autonomie Locali bensì sulla  qualità elevata e nazionale dei suoi componenti,  in grado di sostenere una funzione di autentico “riequilibrio istituzionale  e di garanzia costituzionale” ed a cui  affidare soprattutto alte prerogative di controllo e di regolazione (riforme costituzionali, elezione dei giudici della Corte Costituzionale, del CSM, delle autorities indipendenti, richiamo e controllo sulle leggi approvate dalla Camera e sulla loro attuazione, poteri di inchiesta parlamentare).

Il messaggio  che giunge quindi a noi tutti, soprattutto da questi autorevoli ambiti ed espressioni della cultura democratica e repubblicana, è proprio quello del rischio che la “fretta e la foga riformatrici” possano arrecare danni poi irrimediabili, peggiorare la situazione anziché risolverla.

Ecco perché, insieme al compianto e grande repubblicano e caro amico Vittorio Parmentola, torniamo ad evocare  la figura di Arcangelo Ghisleri, che già in epoca giolittiana e monarchica, così ammoniva i radicali legalitari (ex repubblicani) ed i riformisti: “Noi non ci fidiamo della sbornia delle illusioni”!


CARLO CATTANEO

“…Il mio voto è che ogni Stato d’ Italia muti la sua legislazione e amministrazione da se  medesimo, e solo in quanto possa sostituirvi altre leggi assolutamente ed evidentemente migliori, e che le nuove leggi siano, quanto più si può, uniformi in tutta l’Italia, e perciò premeditate in un consiglio comune”

(Epist.III. lettera n. 624 10/luglio/1859)

“…e anche i Deputati che quello Stato manda al Parlamento, potrebbero intervenire a codesti consigli generali delle province, ovvero formarvi una specie di seconda Camera, incaricata principalmente di coordinare quelle deliberazioni alla legge nazionale”

( Politecnico IX, 1860, fasc. n. 50)


GIUSEPPE MAZZINI

Al Mazzini, ha scritto Galasso, non bisogna chiedere una teoria articolata ed istituzionale delle libertà democratiche…Un giusto più che un giurista ad onta dei giovanili studi universitari di leggi; una preminenza decisiva delle questioni ideologiche su quelle di ordinamento statale e sociale. A queste attenderanno giuristi di tendenza repubblicana,  fino a Perassi….Mazzini si tiene invece sul terreno dei puri princìpi: quella che annuncia è una Carta dei principi, in luogo delle Carte dei Diritti….Più che ai meccanismi istituzionali ed alle tecniche di legislazione ha l’occhio ai grandi lineamenti della civiltà sociale che vede nascere….Non scrive per gli organizzatori di una nuova repubblica ma per l’ Assemblea Costituente, che deve fissarne i principi….. Democrazia sarà dunque democrazia costituzionale, costituzionalismo, repubblica moderna…La maggioranza non può tutto, agisce nei limiti della costituzione; il governo non può scendere a governo di partito, a fatto di forza, ma è strumento e promotore di una larga volontà nazionale…”

 (Paolo Ungari “La dialettica delle istituzioni” in  AA. VV. “Giuseppe Mazzini” – Edizioni della Voce – maggio 1972)


GIOVANNI CONTI

Il Senato avrebbe, invece, il carattere di una Camera rappresentativa della Nazione come si presenta differenziata nelle varie forme di organizzazione e di istituzioni in cui si esplica la vita sociale…Il Senato dovrebbe essere una Camera destinata, in prima linea, a rappresentare l’organo nel quale l’indirizzo dell’ attività politica legislativa dello Stato si determina tenendo conto delle diverse esigenze regionali…La Camera dei Deputati ed il Senato concorrerebbero, come organi distinti, alla formazione delle leggi, le quali sarebbero sanzionate e promulgate dal Capo dello Stato..”

(Discorso alla  Costituente 4 settembre 1946 in “I Repubblicani all’ Assemblea Costituente”a cura di Alessandro M. Nucara – Ed. Rubettino 2010).

“…Credete proprio che con gli articoli della Costituzione sarà davvero costituito il Parlamento? Credete “fatto” il Parlamento perché abbiamo scritto quegli articoli? Io non lo credo assolutamente. Perciò ho udito con molto scetticismo tutto quanto è stato detto intorno al funzionamento della futura Camera e del futuro Senato…Si provvederà a tutto e non si provvederà a niente; perché chi provvederà all’utile funzionamento di questo ente rappresentativo, del Parlamento, saranno i deputati. E se i deputati non saranno uomini preparati alla loro funzione ed uomini di grande coscienza e consapevolezza, essi non saranno diversi da quelli che sono stati in Italia nel passato e – permettetemi di dirlo – anche nel presente….Se non ci sarà mutamento di costumi, se l’educazione politica non sarà diversa da quella che abbiamo avuto e che è diffusa nel Paese è da ritenere che, comunque organizzato, il Parlamento funzionerà poco, funzionerà male: raramente funzionerà bene”

(Discorso alla Costituente del 19 settembre 1947 –  da Antonluigi Aiazzi  “Il Repubblicano in Repubblica” –  1972)


OLIVIERO ZUCCARINI

“Democrazia che sia democrazia, in cui la funzione governativa costituisca diritto di tutti e non il privilegio di pochi, in cui tra il Stato e cittadino non vi sia hiatus…La democrazia ha da essere diretta…Cosa vuol dire democrazia diretta? Consiste..in un capovolgimento completo del sistema di fare le leggi….Col sistema parlamentare…. i cittadini vedono cascarsi addosso leggi, regolamenti, discipline e provvedimenti di ogni sorta che non hanno mai pensato di volere e che si sarebbero affrettati a respingere se interrogati in proposito…..La questione del centralismo o dell’ autonomismo è, dal punto di vista democratico, una questione capitale, pregiudiziale…La democrazia è semplicità ed è governo diretto di popolo solo nell’ ambito delle particolari competenze e particolarità. Perciò  lo stesso Rousseau ritenne che la democrazia esigesse uno Stato suddiviso in piccole comunità federate…Due sono le forme caratteristiche della democrazia diretta: referendum e diritto di iniziativa…Da queste due forme che sono basilari deriva tutto il rimanente meccanismo politico ed amministrativo…Deriva la elettività di tutte le funzioni pubbliche, quelle comprese dei corpi di sorveglianza amministrativa. Deriva il diritto di revoca dei rappresentanti. Derivano, infine, il suffragio universale e la rappresentanza proporzionale…

( da  cap. “la Democrazia nello Stato” in  Oliviero Zuccarini  “Esperienze e Soluzioni”-  1944 – Edizioni di Critica Politica)


TOMASO PERASSI

“La Seconda Sottocommissione [della Commissione per la Costituzione ]  udite le relazioni degli onorevoli Mortati e Conti, ritenuto che né il tipo del governo presidenziale, né quello del governo direttoriale risponderebbero alle condizioni della società italiana, si pronuncia per l’ adozione del sistema parlamentare da disciplinarsi, tuttavia, con dispositivi costituzionali idonei a tutelare le esigenze di stabilità dell’ azione di Governo e ad evitare le degenerazioni del parlamentarismo”

(ODG presentato ed approvato con 22 voti favorevoli e 6 astensioni il 4 settembre 1946 dalla Costituente)


GIUSEPPE RENSI

“…Se l’esistenza di una seconda Camera, quando questa sia elettiva, si può giustificare anche contro il famoso dilemma di Sieyès: “se la seconda Camera è in disaccordo con la prima è un’istituzione dannosa; se sono entrambe d’accordo, essa è superflua”, osservando che essa può giovare a rallentare il corso di troppo precipitate deliberazioni e ad adempiere in certa guisa la funzione di organo della riflessione della democrazia; quando il Senato è di nomina regia la sua esistenza non può essere spiegata che colla teoria di Montesquieu e Guizot. E cioè se esistono nella società due classi principali: “quella degli uomini che vivono sulle entrate delle loro proprietà fondiarie e mobiliari, terre o capitali e quella degli uomini che vivono del loro lavoro senza terre né capitali”; e che a ciascuno di questi elementi essenziali ed eterni della società, abbisogna una rappresentanza separata, altrimenti uno sarà sacrificato dall’ altro e si riuscirà alla spogliazione ed all’ anarchia”

(da cap. “il Senato Regio” in  Giuseppe Rensi “Forme di governo del passato e dell’ avvenire” – Ed. Libreria Politica Moderna – 1926)


PIERO CALAMANDREI

“ Le cariche parlamentari hanno una diversa dignità ed un diverso rendimento pratico, secondo che siano concepite come un ufficio disinteressato, un munus publicum che si assume per dovere civico,ovvero come una professione che dà da vivere a coloro che ne sono investiti…Il deputato ed il senatore sta diventando sempre di più, in tutti i paesi dove è in esercizio il sistema parlamentare, un funzionario stipendiato…I partiti, da libere associazioni di volontari credenti, si sono trasformati in eserciti inquadrati da uno stato maggiore di ufficiali e sottoufficiali in servizio attivo permanente: nei quali a poco a si intiepidisce lo spirito dell’ apostolo e si crea l’animo del subordinato che aspira ad entrare nelle grazie del superiore. La elezione dipende dalla scelta dei candidati: la quale è fatta non dagli elettori ma dai funzionari di partito. E i candidati più che per meriti personali di specifica competenza professionale sono scelti per le loro attitudini a diventare buoni funzionari del loro partito in Parlamento..”

(da “Appunti sul professionismo politico”- in “ Critica Sociale”, XLVIII – 5 ottobre 1956 – “Lo Stato siamo noi”  – Ed. Biblioteca Chiarelettere – Milano 2016)


UGO LA MALFA

“All’ accentuarsi della crisi nel campo politico, economico e sociale si è accompagnato, negli ultimi anni, un progressivo deterioramento del tessuto istituzionale su cui si regge la vita dello Stato e della collettività…. notiamo che l’azione del governo, dalla Costituzione prevista come collegiale, guidata, interpretata ed espressa dal Presidente del Consiglio, è apparsa spesso ridotta di significato e di autorità dalle decisioni o interpretazioni personali di questo o quel ministro, con conseguenze ovvie per l’autorità ed il prestigio del maggiore organo esecutivo….problemi come quelli di una sicura affermazione dei diritti della maggioranza o quelli della cosiddetta continuità legislativa non sono stati adeguatamente risolti…Inoltre, tutto il vasto e complesso campo degli ordinamenti autonomistici ha bisogno di una rivisitazione profonda….Il potere centrale si mostra troppo restio ad abbandonare alcune prerogative mentre, a sua volta, il potere regionale si mostra propenso a correre troppo avanti nella rivendicazione delle proprie. E’ necessario poter conciliare le necessità di una sicura autorità politica e morale dello Stato democratico con la necessità di una sicura maggiore autonomia, maggiore partecipazione dei cittadini alla vita pubblica e collettiva a tutti i livelli.”

(da cap. “Fattori di disordine istituzionale e morale” in  Ugo La Malfa “Evoluzione e riforma della società” – Edizioni della Voce – 1972)


GIOVANNI SPADOLINI

“La stabilità dei governi è una condizione rimessa integralmente alle forze politiche ed alla loro capacità di costruire formule di governo con contenuti programmatici certi e con sostegni parlamentari leali. Sono parole di Ugo La Malfa. Guai a chi identificasse nei congegni, anche se inattuati, del sistema costituzionale i vizi ed i difetti che appartengono alla responsabilità storica ed operativa delle maggiori forze che hanno governato e non governato il Paese. La Costituzione è un tutto unico pur nei suoi equilibri e contrappesi, è un meccanismo che obbedisce a una certa logica, a una logica diciamo così, complessiva. Si fonda su taluni punti fondamentali che non possono essere separati, né scomposti. E’ una Repubblica parlamentare e non una Repubblica presidenziale, pur avendo noi sempre riconosciuto il diritto, che risale alle posizioni del Partito d’ Azione alla Costituente di battersi per un diverso schema cui non crediamo..E’ ispirata alla filosofia dell’ autonomismo, come correttivo del centralismo monarchico, ma non federale, ecco perché non credo al Senato come Camera delle Regioni in un Paese unitario dove le Regioni costituiscono un potere dello Stato, sia pure decentrato e non tanti stati come nella Repubblica Federale Tedesca….E’ infine fondata[ la Costituzione ].sul sistema del pluralismo politico e culturale che porta con sé il proporzionalismo, ed ecco perché noi ci dichiariamo contro ogni riforma elettorale anche surrettizia…”

(Giovanni Spadolini al XXXIV Congresso del PRI – Roma 22 maggio 1981  dal  sito di “Unità Repubblicana” Associazione politica per l’ Italia della ragione – 2016)


STEFANO PASSIGLI

“…Niente nella riforma del Senato e nell’ Italicum autorizza l’entusiastico tam tam al loro sostegno…. né a sostenere che i costi della politica diminuiranno, che il processo legislativo sarà più veloce, e soprattutto la nostra economia ne beneficerà. …. si possono approvare le politiche di governo dell’ attuale Esecutivo, ma mantenere un giudizio critico sulle sue forzature in materia istituzionale….E’ insomma opportuno distinguere tra politiche di governo…..e quelle che potremo chiamare politiche del Paese (riforme costituzionali ed elettorali, giustizia, politica estera, ma anche scuola, università e ricerca) su cui la continuità è essenziale ed è patologico che si decida a colpi di maggioranza….Quando alcuni leader di grandi Paesi, o prestigiose testate internazionali, si esprimono a favore delle nostre riforme essi fanno riferimento alle concrete politiche di governo e non alla pasticciata composizione del nostro futuro Senato ed alle sue confuse competenze legislative o ad una legge elettorale che – anche senza citare l’abnorme premio di maggioranza che può giungere a raddoppiare il numero dei seggi spettanti al partito vincente – mantiene lo scandalo delle candidature plurime e della nomina di circa metà del Parlamento da parte dei segretari di partito, elementi questi già giudicati illegittimi dalla Corte Costituzionale. In proposito è deprecabile che la Corte abbia deciso di rinviare la seduta già programmata non pronunciandosi così sulla legittimità dell’ Italicum prima del Referendum”

(Stefano Passigli – da “La Repubblica “ pagg. 35 – 20 settembre 2016 )


“IL PENSIERO MAZZINIANO” (AMI)

“…nella Direzione Nazionale [Associazione Mazziniana Italiana ]ha prevalso…. una linea articolata in punti di dibattito diversi ma che converge nella indicazione di massima di un No ragionato…Questo non significa che una indicazione nazionale della dirigenza dell’ Ami sarà seguita alla lettera da tutti gli aderenti. La Mazziniana non è un partito politico…Su quali aspetti prevalenti si è orientata l’ Ami nella scelta del No al prossimo referendum istituzionale. Il primo è metodologico, iscritto nel dna cultural-politico dei mazziniani da quando è nata l’ Ami, vale a dire ritenere che una modifica della Costituzione quando non è più il dettaglio di un singolo articolo, impegna una platea vasta che va intesa nella ricerca di maggioranze le più ampie possibili….E’ la via di un’ Assemblea costituente formata dopo elezioni proporzionalistiche e creazione di una Commissione per i problemi delle riforme costituzionali fra i neo parlamentari la via maestra che i Mazziniani da sempre hanno invocato…. Viene garantito, ancora, al Presidente della Repubblica il privilegio della nomina dei senatori a vita mentre non viene messa mano ad una riforma oramai matura che è quella del collegamento con le istituzioni europee sulla base della Carta fondamentale dei diritti e dell’ abolizione degli Statuti speciali alle regioni autonome..Queste critiche….sono parte di un ragionamento più complessivo in seno alla Mazziniana che non portano però a giudicare l’impianto della riforma come un attentato alla stabilità democratica ed il preludio di un governo autoritario…

(Pietro Caruso – “Al Referendum un No senza secondi fini” – il Pensiero Mazziniano – Anno LXXI numero 2 Maggio-Agosto 2016)


UNITA’ REPUBBLICANA  

“… I tre Comitati del NO, liberali, repubblicani e socialisti…….convengono nella comune valutazione che un Parlamento eletto con una legge elettorale dichiarata incostituzionale dalla Suprema Corte non era e non è legittimato a procedere a qualsiasi modifica, sia pur minima della Carta Costituzionale. Ci troviamo, peraltro, di fronte non ad una semplice revisione delle norme, come prescrive l’ art. 138, bensì di fronte ad un complessivo stravolgimento dell’impianto costituzionale, che poteva essere demandato soltanto ad una Assemblea Costituente…”

(Comunicato dal sito di “Unità Repubblicana “ –  Roma 26 settembre 2016)