SINISTRA ANCORA IN “RIFONDAZIONE”?

Ma l’appuntamento decisivo sarà quello europeo – di Marina Marozzi

– La parola “rifondazione” torna ancora una volta (ma quante volte nella storia?) di drammatica attualità per la sinistra italiana (ed anche europea…).

Non si tratta solo di una crisi di identità e di valori che taluni si illudono di poter superare con vuote, simboliche, o peggio ancora, rancorose ed ingiuste esternazioni. Ora agli errori compiuti e alla  debolezza programmatica dimostrati nei lunghi anni di governo si associano uno spaventoso gap di credibilità ed uno “scollamento” pressoché generalizzato da aspettative irrinunciabili ed inderogabili  della società civile.

In Italia la crisi del Partito Democratico costituisce la più “plastica” delle rappresentazioni di un declino apparentemente inarrestabile.

Il fiancheggiamento continuo dei (ed ai) “poteri forti” e della comunicazione televisiva; l’ostruzionismo ed il rifiuto suicida di contribuire, anche da una sana opposizione,  al miglioramento di misure di interesse (equità e flessibilità pensionistica, riduzione della pressione fiscale, sostegno economico ed occupazionale delle nuove generazioni, taglio di insostenibili privilegi, sicurezza dei territori, delle famiglie e delle persone); il richiamo monotono e diremmo quasi “cinico” agli andamenti dello spread ed ai vincoli  di bilancio:  tutto ciò pare  oggi costituire  il “mondo delle circa la possibilità di un immediato cambiamento di prospettiva.

La stessa manovra finanziaria viene trattata alla stregua un’occasione ghiotta di pronta rivincita piuttosto che di uno strumento essenziale per contribuire ad indirizzare incisivamente ed equamente il cambiamento di rotta che la maggioranza degli italiani ha richiesto con il voto.

E’ certo, però,  che così operando ciò che rimane nel Parlamento e nel Paese della voce della sinistra italiana non offrirà  nessun reale contributo  costruttivo alla fissazione di obiettivi programmatici seriamente perseguibili,  tanto di crescita come di risanamento del Paese.

Hanno dunque ragione, a nostro avviso,  di sostenere, molto più realisticamente, la sapiente e battagliera Elisabetta Gualmini e lo stesso Direttore di Radio Capital Massimo Giannini che solo attraverso una profonda e rigorosa analisi autocritica e soprattutto un radicale cambio di classe dirigente si potrà, in tempi forse accettabili, riuscire a ricreare una nuova identità e a colmare le distanze impressionanti  di consenso accumulate dopo i “terremoti elettorali” del 4 dicembre 2016 e del 4 marzo 2018.

Gli eredi  della vecchia sinistra  dimenticano  che anche le loro scelte di disimpegno  hanno contribuito a rendere pressochè inevitabile la gestazione stessa del governo cosiddetto “giallo-verde” e che i loro “antenati”  – forse meno contaminati da quella cultura cattolica tradizionalmente, ma in taluni periodi anche sapientemente, avvezza al comando…)  – riuscirono a resistere ed a crescere  fino al 35% pur stando per quasi mezzo secolo all’ opposizione,  contribuendo da lì alle ragioni di lotta e di emancipazione di quella “classe operaia”  una parte consistente della quale rivolge oggi il proprio sguardo a Matteo Salvini, più ancora che al M5S!

Ma come pensare di recuperare  consenso e sostegno continuando a dimostrare, con una sorta di gusto cinico e sadomasochista, la impraticabilità  finanziaria ed anche programmatica di obiettivi e di misure che oltre a rispondere alle legittime scelte dell’ elettorato e del “popolo sovrano” intenderebbero offrire speranza e prospettive concrete alla parte più sofferente ed insieme più produttiva della società? Come non vedere che alla base delle difficoltà della sinistra  – sta soprattutto il sostanziale fallimento di quel disegno di costruzione equa e democratica dell’ Europa che dai lontani anni ’90  – e quasi in coincidenza con il  “terremoto” giudiziario che ha distrutto il sistema politico italiano –  avrebbe dovuto costituire non solo il legame ad irrinunciabili valori di convivenza e di solidarietà ma in primis il momento e lo strumento per  una crescita “intelligente, sostenibile e coesa” , per il superamento di antichi squilibri, per il contenimento delle cosiddette spinte separatiste e degli effetti nefasti della finanziarizzazione e della globalizzazione delle economie?

Fenomeni quest’ultimi che, come sostiene giustamente Loretta Napoleoni,  hanno finito per mutare le prospettive stesse della democrazia.

Ci si abbarbica ora al recente  voto del Parlamento europeo contro il  premier ungherese ed alla faticosa “tenuta”  elettorale della vecchia socialdemocrazia svedese  come ai due bastioni di resistenza da cui ripartire per la controffensiva vincente dei tradizionali poteri europei. Si è affidato alla “via Crucis” estiva di Maurizio Martina la simbolica ricerca di un contatto nuovo con i “luoghi di sofferenza” del Paese. Si  lavora alla preparazione di una grande manifestazione di “popolo”. Al “capezzale” della sinistra sono accorsi per tutto il periodo estivo, pur con ricette e motivazioni diversissime, eminenti esponenti della cultura politica nostrana: da Scalfari a Galli della Loggia, da Veltroni a Zingaretti, da Cacciari a Bersani ed altri ancora.

E’ difficile capire oggi quanto di quei suggerimenti si saprà far tesoro. A nulla servirebbero, però, le nuove scelte se esse non partiranno dalla comprensione delle ragioni profonde della stanchezza popolare, della gente comune e di ogni ceto sociale  per quella “fiera delle illusioni” che ora non regge più di fronte all’evidenza degli impegni e delle promesse non rispettate e delle mancate realizzazioni.

Il tema delle migrazioni è stato in tutti questi mesi al centro del confronto così come lo sta diventando ogni giorno di più quello del futuro dell’ Europa in vista del decisivo appuntamento elettorale del 2019.

Ebbene, a ben riflettere, la rivolta di una parte oggi maggioritaria della popolazione verso la mancanza di una forte e condivisa politica UE di sicurezza e di controllo e gestione dei processi migratori  altro non rappresenta che il punto più critico di un ben più generalizzato e vasto rigetto per  quella “debolezza” ed incompiutezza  politica ed istituzionale dell’ Europa  che non riesce a più a contenere, con i propri assetti, con le proprie regole, con l’ attuale sistema di procedure, vincoli ed equilibri, la pressione che viene dai singoli stati membri e, soprattutto, come  già detto dai “popoli” del continente.

Si continua a sostenere pervicacemente  – e con il tambureggiamento dei mass-media –  che il senso di “insicurezza” di “precarietà” e diciamo pure di “indigenza” e di “povertà” che emerge diffusamente dalla società costituisce solo il frutto di  una ingannevole percezione!  Anche eminenti esponenti come il prof. Sabino Cassese si scomodano con tutto il loro bagaglio culturale per ammonire ( Il Corriere della Sera del 13 settembre 2018) sui rischi di una cattiva politica schiava della percezione.

Cerchiamo, piuttosto, di stare ai dati e alle statistiche! E non parliamo solo di migrazione (che sarà pure al 7% che non è poco e che cosa diverrà in futuro con una gestione solo “umanitaria”?) Guardiamo alle condizioni economico sociali occupazionali e retributive che  restano, impietose soprattutto per un Paese come l’Italia che pure ha le seconda economia manifatturiera! Consideriamo perché  nemmeno il continuo e reiterato sostegno pubblico all’ imprenditoria nostrana riesce a contenere il preoccupante calo della produzione industriale  e la precarizzazione generalizzata delle nuove occupazioni. E che dire dell’enorme impennata della spesa corrente a fronte di una riduzione impressionante degli investimenti fino a tutto il dicembre 2017 ovvero negli anni di governo di quanti oggi fanno del controllo del debito e dell’ austerity le loro bandiere?

Risulta allora  fondato quanto sostengono, seppur con meno raffinatezza culturale, alcuni tra i cosiddetti “populisti”, ovvero che: “come dalle auto blu e dalle limousine vi è scarsa percezione del traffico cittadino così dal Palazzo la percezione sociale diventa quella dell’ agio e del benessere diffusi!!

E’ auspicabile che i “nuovi arrivati” nel palazzo non prendano, prima o poi, gli stessi abbagli !!!

Ritornando all’ Europa anche noi riteniamo, in sostanza,  che il nodo pur insidioso ed intricato delle politiche migratorie finisca  per fungere da miccia per una deflagrazione ben più ampia profonda e che attiene agli assetti istituzionali, al ruolo dei poteri UE e alle conseguenze che tutto ciò ha sugli squilibri economico sociali del continente.

Non rinunceremo mai al nostro convinto europeismo. Ma lo abbiamo già detto e lo ripetiamo con forza: questa Europa che impedisce la ridiscussione dei Trattati, l’adozione di regole nuove per un  diverso e reale sostegno alle politiche di sviluppo e alle politiche occupazionali e fiscali, che non facilita l’ adozione di meccanismi più agevoli e meno impopolari di risanamento del debito pubblico, che lascia nell’isolamento più completo l’ Italia nella gestione di un fenomeno così complesso e costoso in termini umani e finanziari come quello dei flussi migratori, che non dà spazio al contributo e alla partecipazione delle rappresentanze sociali non è l’ Europa che noi vogliamo e per la quale ci battiamo.

Oggi gli USA del tanto vituperato Donald Trump crescono a ritmi del 4 – 5 %. La disoccupazione è ai minimi storici. Al punto che anche l’ ex presidente Barack Obama ha inteso, secondo noi a ragione,  prendersi alcuni meriti, soprattutto ora che il  già avviato e forte rilancio della iniziativa dello Stato  in economia si unisce ai benefici della politica fiscale del nuovo corso.

Anche da qui la nostra convinzione che il futuro dell’ Europa e dell’ Italia, così come quello della sinistra in Italia ed in Europa,  si giochi essenzialmente sul recupero di ruolo trainante della UE e dei singoli stati nel governo di un’economia per una crescita diffusa e per vera solidarietà e virtuosa e praticabile flessibilità

In questa prospettiva la cultura laica e realmente liberaldemocratica, come quella rappresentata dalla grande e coerente tradizione del repubblicanesimo italiano,  potrebbe ancora dare un contributo autonomo, illuminante  e determinante solo che essa sappia sganciarsi dal tema assillante delle “alleanze” e di un “protagonismo”  improponibile senza reale rappresentanza sociale.

L’invio da parte del Ministro delle Politiche Comunitarie Paolo Savona ai responsabili della Commissione UE di un ponderoso documento di osservazioni e di costruttivi suggerimenti (*) per il perseguimento di una diversa strada soprattutto per una politica comunitaria di risanamento del debito che non ostacoli la crescita dell’ economia di un Paese come l ‘ Italia,  costituisce non certo a caso,  anche nel nuovo corso confuso e rischioso della politica nazionale ed internazionale, uno dei contributi più alti e coerenti  offerto da un alta competenza e dalla vera cultura laica e democratica. Vedremo cosa ne sapranno fare in quel di Bruxelles e se avranno il coraggio di affrontarne le indicazioni di fondo, le uniche in grado di salvare la costruzione europea dalla disintegrazione:  meccanismi nuovi per il rientro dal debito, l’ abbandono della rigida austerity per  una vera politica dell’ offerta stimolata e sostenuta soprattutto da una politica fiscale attiva a livello europeo e coerente con quella dei paesi membri.

Abbiamo scelto di pubblicarlo non a caso sul nostro “luciferonline”. Anche per dimostrare  quanto dannoso per la causa comune, dell’ Italia e dell’ Europa, sia tentare di offuscare e indebolire il contributo e l’ apporto di una delle migliori  competenze esistenti nel Governo .

In definitiva per noi   la scelta non potrà essere mai quella, comunque devastante, tra “sovranisti” ed “europeisti” di maniera. Così come riteniamo inutile e dannoso per gli interessi dell’ Italia e dell’ Europa rispondere all’ attivismo macroniano con la riproposizione di blocchi liberisti e moderati che definire “repubblicani” appare offensivo.

La scelta autenticamente democratica e repubblicana dovrà nascere da un confronto di verità, scevro da interessi e pregiudizi ideologici, su quale Europa e quale reale “integrazione” si vuole seriamente e coerentemente costruire fin da domani. E i vecchi repubblicani ricordino ai più giovani  le antiche battaglie del PRI contro il gollismo anche per ammonire sul finto europeismo di quanti oggi d’oltralpe….

(*)  “Una politeia per un’ Europa diversa, più forte e più equaPresidenza del Consiglio dei Ministri –  Dipartimento per le politiche europee –  Il Ministro per gli Affari Europei – Roma 7 settembre 2018

POLITEIA1