A RICORDO DI RODOLFO BALDELLI

– di Nicola Sbano

Lo scorso 7 giugno è scomparso ad Ancona il caro amico Rodolfo Baldelli (1937-2019), uno dei repubblicani più ragguardevoli ed amati, molto rispettato in città anche da chi era di fronte opposto.

Da più di due anni Rodolfo era ammalato, ma la  sua assenza non riduceva il ricordo della sua persona, ricca di intelligenza, di virtù civili, cultura, tolleranza e simpatia. Riproporre la sua memoria è perciò dovere ineludibile. Al termine della cerimonia religiosa voluta dai familiari, è toccato a me ricordare l’amico e rammentare che per la  sua scomparsa  Rodolfo non avrebbe voluto che le parole di commiato  fossero accompagnate da formule retoriche; chi lo ha conosciuto sapeva che la sobrietà era connaturata al costume civile del nostro amico e perciò ho cercato di  evitare ogni espressione  di sentore retorico, e qui farò lo stesso.

Se il dolore  è  anzitutto dei familiari e che perciò ad essi si addice il lutto, debbo dire che il lutto non è di loro esclusiva perché si addice anche agli amici mazziniani e repubblicani di Ancona che continueranno, ormai sino alla fine dei loro giorni, ad essere testimoni di una cultura  politica e civile di stampo storicistico che  ha conficcati i suoi pilastri nel pensiero, nella tradizione, nella storia democratica e repubblicana di cui  Rodolfo è stato autentico quanto schivo campione.

Dell’amico non  ho bisogno di ricordare i passaggi salienti della sua vita (ginnasio, liceo, università, primo lavoro, matrimonio, figli, la stabilizzazione sociale, etc.), sostanzialmente non diversa da quella dei suoi coetanei, anch’essi figli di famiglia della borghesia che nell’Italia del dopoguerra e con la democrazia stava riconquistando il ruolo civile che il caduto Regime gli aveva negato. Non sono qui per parlarvi di come era Rodolfo e come tutti eravamo, discorso inevitabilmente  risaputo e perciò un po’ retorico, intriso com’è di quel sentimento che ha confini incerti come la nostalgia.

Penso invece che si debba cogliere e seguire quello che Rodolfo ha fatto nella città e nella società di diverso dai suoi coetanei e quello che  in realtà costituisce il suo lascito.

Rodolfo aveva lasciato già da molto tempo la vita politica cittadina (consigliere comunale sino al 1978, poi qualche anno nel comitato di gestione della unità sanitaria locale della città – anche il PRI non esisteva più se non nei cuori e nella memoria dei repubblicani e mazziniani più fedeli) quando decise, erano i primi anni del XXI secolo, di ripercorrere il suo tragitto politico vissuto a fianco di Claudio Salmoni,  uomo di grande intelligenza e di spiccato talento politico che  aggiungeva alle sue capacità umane e professionali, una raffinata e tagliente arguzia ed una vena di rimatore a getto continuo,  doti che evidentemente lo aiutavano  a rendere  più acuta la sua analisi della società politica del tempo e più profonda la sua percezione del mondo. Aveva stretto per anni con  Salmoni, anche se era  di quasi vent’anni più giovane e perciò obbligato al lei, come la buona educazione allora imponeva, un condiviso sodalizio intellettuale, e perciò aveva avuto l’occasione di raccogliere i foglietti con versetti, vignette, strisce ed epigrammi che il suo amico scriveva, forse senza dar nell’occhio, nel corso delle riunioni cui partecipava  spesso  da protagonista e che poi, a fine dei lavori, lasciava a disposizione  dei suoi interlocutori o di chi altro capitasse.. Oltre che raccogliere questi scritti Rodolfo iniziò sin da allora  a riordinarli per collocarli nel loro tempo e  per legarli  alle circostanze ed ai personaggi che li avevano ispirati. La collazione di questi scritti che sono solo una parte di quelli che Salmoni ha nella sua vita seminato in ogni luogo in cui si trovava, la loro lettura ed il loro commento, hanno portato Rodolfo, dopo molti anni e molti ripensamenti,  alla scrittura di una un po’ speciale biografia politica di Claudio e quindi di una un po’ speciale storia della politica della città nel decennio che va dal 1960 al 1970, anno della precocissima scomparsa dell’autore.

“I versetti satirici, vignette, strisce ed epigrammi di Claudio Salmoni” con il commento di Rodolfo, di straordinaria bravura, sono divenuti un mezzo altrettanto straordinario, per rappresentare la società politica della città contemporanea alla vita politica di Salmoni e per dipingere la personalità dell’amico e maestro di cui era ben percepibile la grandezza;  non solo, sono stati  anche per Rodolfo l’occasione  di narrare se stesso.

Credo che ciò sia avvenuto non seguendo un disegno precostituito, ma per uno spontaneo moto dell’animo che ben si addice a chi come lui ha vissuto la partecipazione alla politica con autentico trasporto e soprattutto come dovere morale, stati d’animo oggi certamente introvabili, non essendo previsto nulla come premio difatti non concesso né a Claudio né a Rodolfo.

Queste predisposizioni dell’anima oggi sono difficilmente trovabili ma hanno fatto diventare il libretto, mano a mano, diario, cronaca e storia sociale, racconto biografico e momento di riflessione.

Mi pare perciò che sia giusto individuare in questo articolato risultato quali sono stati i convincimenti che  Rodolfo ha maturato  nella sua vita sin da giovanissimo conservandoli sino al momento in cui, in età ormai matura, ha scritto il suo libro, in questo lavoro evidentemente ritrovando la sua gioventù intellettuale.

Rodolfo era persona convinta, come lo era Salmoni, come lo era Ugo La Malfa ed i suoi sodali,  che l’impegno nella politica, in un partito di minoranza, non era a servizio di una propria ambizione di successo personale, ma poteva comunque permettere di fare cose importanti sulla base di una coscienza forgiata sulle virtù civili e, mazzinianamente, per l’abitudine a coltivare un pensiero di lungo periodo e a sviluppare un’azione o prassi ispirata ad una morale quotidiana.

Rodolfo era difatti convinto che nella storia come nella vita, le idee, i comportamenti ed il rigore morale  che linearmente ne conseguono, costituiscono il fondamento umanistico degli uomini e dell’intera società. Difatti nel suo libro, per quella quota di autobiografia che contiene, accanto a qualche impennata suggerita dal rigore civile d’impronta laicista, Rodolfo fa  ritrovare al lettore il segno della sua capacità di ironia, caustica perchè militante ed esemplastica,  così come riusciva a Salmoni nei suoi versetti.

Nella mia prefazione al libretto, invito che ancora mi lusinga, ho scritto che per Salmoni come per Rodolfo il disinteresse verso il successo personale e materiale era sostenibile solo se accompagnato dalla convinzione di dover dedicare la vita all’adempimento dei doveri, unico modo per legittimare l’acquisizione di diritti ed il loro libero esercizio in seno ad una democrazia compiuta.

Credo  che Rodolfo addirittura andasse oltre: il suo umanesimo costitutivo traeva  la sua definizione interiore non solo dalla laicità del suo pensiero che era al tempo stesso metodo e filosofia di vita come gli aveva insegnato Salmoni, ma anche frutto dell’esigenza costante di razionalità e di realismo come insegnava la scuola democratica  ed azionista italiana.

Ho ragione perciò di ritenere che laicità e tolleranza sono state vissute da Rodolfo come vocazione dello spirito, con sentimenti forse concessivi, ma non più di tanto, ma non per questo meno tesi ed inquieti.

Rodolfo  e’ stato, non tanto un uomo di partito, ma un vero intellettuale della politica, vicino, dopo il sodalizio con Claudio Salmoni infelicemente concluso nel 1970, ad Adolfo Battaglia ed agli uomini della galassia laica di impronta lamalfiana sempre minoritaria nella politica italiana ma che, nonostante ciò, è riuscita a lasciare un segno importante nel dialogo e nelle polemiche con le culture politiche della seconda metà del secolo scorso.

Molti di questi intellettuali hanno ricevuto la battuta o meglio il complimento  “non potendo esser fiore, è stato radice”;  credo che anche a Rodolfo possa riferirsi questo omaggio e che dobbiamo essere orgogliosi di essergli stati amici.