VOTO IN SVEZIA

Un’altra mossa vittoriosa della destra qualunquista – di Giulio Lattanzi

– Ora l’Europa, con il voto in Svezia, è veramente accerchiata dal qualunquismo, e può uscire da questa – è sempre più difficile – situazione solo con misure che la rendano sempre più autonoma – l’abbiamo detto più volte – dagli stati nazionali.  E’ vero che gli interessi di ogni stato aderente alla Ue sono interconessi, ma un cosa è fare politica intergovernativa – naturalmente privilegiando gli stati più forti economicamente – e un altro  “attrezzarsi” per svolgere una reale politica autonoma ed internazionale. Il parlamento Europeo è figlio di un’Europa e di una solidarietà che non c’è più, e non possiamo attribuire tutte le colpe solo ad alcuni Paesi dell’est!

Era previsto – le scelte xenofobe (mi sento di dire non totalmente razziste) avevano già calcato diverse terre europee e gli echi erano giunti in ogni regione, ma prima di correre ai ripari, si è seguito l’esempio della Ue di farsi betulla aspettando la fine dell’alluvione e rialzarsi come se nulla fosse avvenuto (non è così, perché in ogni democrazia il popolo non delega a vita chi governa): sembrava che per una volta la Ue, l’innefabile prestidigitatore Junker, credesse più allo “stellone” italiano che alle sue richieste, fatte dal precedente Governo, sulla ripatizione in tutta europa dell’immigrazione, sul drastico cambiamento delle norme di Dublino,…- e invece c’è stato un voto favorevole all’estremismo – non si prevedeva una scelta così evidente in Svezia – della destra xenofoba.

La Svezia non è immune dalle paure (amplificate dalla propaganda) di un mondo sempre più interdipendente e in veloce e continuo cambiamento: paura per il diverso che non si conosce, la percezione dell’invasione di un’immigrazione non regolamentata e che durerà nel tempo, le problematiche della sicurezza individuale, i riflessi negativi della globalizzazione anche sull’occupazione,…,  ha portato un popolo – sempre meno sorretto dalle ideologie e da una visione e costruzione unitaria della società – ad “agrapparsi a chi sembrava diradare le nebbie del suo futuro.

Si è passati dalla democrazia partecipativa, dall’esaltazione delle forze intermedie a un’oligarchia sempre più ristretta, il gruppo dirigente al Governo, impegnato sull’economia, si è dimenticato delle persone e dei loro problemi, dei lavoratori, del disagio sociale, ha trasformato – credendo che questo valore fosse permanente – la solidarietà in obbligo, rendendo sempre più egoista ed individualista un popolo, hanno man mano escluso dalle scelte, spero senza rendersene conto, una classe dirigente che aveva dato l’apporto a costruire la società che invidiavamo,…., l’Europa, non facendo niente, ci ha messo del suo: l’opposisione ha preso atto della situazione e del clima politico favorevole a loro, e non ha fatto altro sforzo che quello di tirare le reti.

Alla fine degli anni 50, noi – si era distribuita tanta assistenza in Italia , ma il paese era arretrato, si passava dalle scelte collettive a quelle individuali: la stagione del 68 fu breve, forse sbagliata, repressa è fù il canto del cigno di un’azione collettiva e riformista.  Allora giovani, guardavamo con interesse alla Svezia, al modello scandinavo che aveva saputo tradurre non solo nel welfare l’assistenza in servizio, e il sindacato protagonista delle lotte per il cambiamento.

Paesi, quelli del Nord, che hanno smarrito la la solidarietà verso i più deboli, la difesa sociale e civile dei diritti umani in tutto il mondo, l’esempio di saper mettere assieme il buono del marxsismo, o dell’allora comunismo sovietico, e il capitalismo liberale (oggi lo pratica la grande Cina): forse l’errore è stato quello di immetere nella miscela sociale più liberismo, che liberalismo e mischiare il tutto con un pizzico di “illumismo” ed anarchia.

Si può rimediare, senza aver fretta, a questa sconfitta guardando ai principi ispiratori della nascita e della storia dei movimenti e la loro evoluzione tecnologica, non pensando mai che mettere da parte il sindacato – semmai cambiarlo, renderlo più moderno – sia un fatto positivo, perché è fortemente presente nelle società, colmare i vuoti di presenza nei settori, nei territori, ricercare unità, ma non solo intese, non credere che noi abbiamo fatto bene e gli altri sbagliano tutto…: abbiamo perso!